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La mia prima volta come timoniera di un 4

quattrocheattracca

La mia prima volta come timoniera di un 4

Ho raccontato tante prime volte di canottaggio qui su questo blog: la prima gara, il primo singolo, la prima volta come volontaria al pararowing, la prima uscita con l’8, la prima volta col 2 senza, la Vogalonga a Venezia, la prima caduta in acqua. Mi mancava timonare un 4.

Timonare

Andando spesso con la stessa amica, timoniamo  una volta e una e volta l’altra quindi le anse del fiume le conosciamo, i nidi, i ponti, gli alberi e ce la caviamo. Il 4 è diverso perché è più lungo e più veloce. C’è un po’ la stessa differenza che c’è fra guidare una Panda e un piccolo furgone. Col doppio si aggiustano le curve con i remi, potenziando un lato o l’altro a seconda di dove si vuole andare e chiedendo rinforzi all’altro; col 4 oltre a questo, c’è un timone a pedale: se vuoi andare a destra porti la punta verso destra, se vuoi andare a sinistra verso sinistra. La difficoltà è prevedere la curva con anticipo, muovere la punta delicatamente per non disturbare troppo la barca calcolando la velocità del 4. Ci si dive girare verso dietro con una bella torsione (grazie yoga) e quando lo si fa le mani possono disallinearsi e far pendere un po’ la barca. E poi bisogna seguire il capovoga che dà il ritmo e cercare di entrare e uscire dall’acqua insieme. Sembra peggio di come è: in realtà è stato abbastanza semplice. Non amo guidare perché non amo dover fare attenzione a troppe cose allo stesso tempo e adoro frami portare quindi pensavo che timonare non facesse per me. Invece la vita sorprende sempre: mi sentivo al sicuro perché la barca è una barca tranquilla di persone con cui è piacevole remare a cui avevo chiesto di essere pazienti (e un po’, le 2 che di solito timonano mi aiutavano rinforzando senza che chiedessi non so se per abitudine o sfiducia) e poi c’era l’istruttrice dal motoscafo e mi sentivo a mio agio, tranquilla, serena.

Effetto acqua

L’acqua mi fa questo effetto, ogni volta che provo una cosa nuova mi sento accolta nella morbidezza e nella fluidità, non provo paura o disagio o ansia (come può succedere ad alcune persone che remano) ma solo gratitudine, benessere e felicità. L’acqua mi connette con l’ambiente e il resto del mondo, scioglie l’io-mio-me che rende infelici, mi insegna a lasciar andare, scorrere con lei. Ogni volta remare mi immerge nell’incontrare il momento presente istante per istante, palata dopo palata, onda dopo onda. Una meditazione dinamica. Ogni volta è unica, preziosa. Meravigliosa: col sole e col grigio, col vento e con i petali colorati, con le foglie che cadono e la neve e oggi con 4 gocce di pioggia, di numero, erano proprio 4.

 

Grazie Lucrezia che era per caso all’Imbarchino e mi ha riconosciuta sbracciandosi e urlando entusiasta e ci ha fotografate cogliendo l’attimo.