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Viaggio in Mongolia, giorno 2: l’incontro con il deserto del Gobi

capre Mongolia

Viaggio in Mongolia, giorno 2: l’incontro con il deserto del Gobi

Si parte. Dopo il cemento e l’asfalto le piste, poca erba, la sabbia, il cielo infinito. Ecco il Gobi in tutta la sua maestosità. Non so come autista (Tisnder) e guida (Tsengel) facciano a orientarsi: non ci sono indicazioni. Solo esperienza da sangue nomade.

Ci muoviamo con la mitica UAZ, la versione sovietica del Westfalia: una scatola grigia con 4 ruote motrici, finestrini quadrati, 2 serbatoi, il motore fra autista e passeggero, nessuna idea di sospensioni.

Il deserto acuisce i sensi: si vede lontanissimo e l’orizzonte è arcuato, non piatto con colori vividi; sento suoni di passi di animali che ancora non si vedono; percepisco profumi intensi portati dal vento che scuote la pelle, punge, accarezza, il sole brucia. Tutto estremo.

Arriviamo a Baga Gazrin Chulu, rocce rosse a 1,700 metri di altezza che mi ricordano i parchi dell’ovest degli Usa per intensità, spazi e colori.

Incontro il primo ovoo, mucchio di pietre legato ai culti sciamanici: ci sono sciarpe colorate, soprattutto turchesi ma anche bianche e gialle. Ma è anche un segno di demarcazione di provincia e di zone militari. Bisogna percorrerlo 3 volte in senso orario lanciando una pietra o altro per augurarsi un buon cammino.

Incontriamo la prima famiglia nomade. Passeremo la prima notte in ger. Ci offrono tè al latte e sale (ma io bevo solo il tè) e una boccetta che contiene un tabacco speziatissimo (mi ricorda il pan indiano) da poggiare direttamente sotto le narici, buonissimo. Si prende dalla mano destra, si usa e si riporge con la destra, senza chiudere la boccetta.

La ger è bellissima e romantica, si vede il cielo, i raggi che sostengono il tetto e la porta sono arancio, come il sole. Non c’è luna, solo stelle. Nella notte che arriva tardi, dopo le 22.30 a luglio, mi sorprendono un gruppo di capre disposte sulla roccia come una performance in attesa di inizio. E poi le stelle: non sono solo sopra ma tutto intorno, come una calotta, come una sfera. Avvolgono, pulsano, danno quasi un senso di vertigine e poi c’è la via lattea, una scia bianca luminosa. Le stelle intorno sono infinite e mi sento piccola piccola, persa nel mistero del cosmo.