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Cosa ho imparato da volontaria alla Pararowing race Rowing for Paris

Armida

Cosa ho imparato da volontaria alla Pararowing race Rowing for Paris

Lo scorso weekend l’Armida, la società canottieri di cui faccio parte, ha ospitato la pararowing regatta Rowing for Paris Paralympic Games 2024. Ogni tanto incontro ragazzi e ragazze speciali, mi piace chiamarli così, con i loro allenatori preparatissimi, pazienti, dediti. E così alla chiamata di volontari ho risposto sì, senza sapere cosa aspettarmi ma con un filo di timore del genere: io-non-so-fare-nulla. Poi mi sono ricordata che quando ci si mette al servizio di altri la prima cosa è sorridere: non per finta ma perché rilassa i muscoli del viso e della schiena, il cuore si apre e tutto scorre più facile.

All’inizio mi sono chiesta come pormi nei confronti di queste persone con varie forme di dis-abilità. Poi ho respirato la dedizione e la cura non pietistica di chi questi ragazzi li accompagna, dirige e allena. Piano piano si è sciolto qualcosa, ho smesso di pensare e mi sono solo messa al servizio facendo quello che c’era da fare: spostare un televisore, cambiare un 20 euro, remare con ragazzi che hanno qualche difficoltà di coordinazione.

Mi sono divertita e ho imparato moltissimo da tutti: allenatori, organizzatori, genitori ma soprattutto ragazzi e ragazze. Ho vissuto due giorni in una società ideale, “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”: chi è forte mette su e giù barche; chi è preciso si occupa di pranzi e magliette, chi è capace di guidare un motoscafo lo guida, chi sa timonare timona, chi può aiutare a salire in barca lo fa, mentre c’è chi sposta scarpe in modo che non diano fastidio, chi porta via i remi, chi sale in barca e aiuta a tenere l’equilibrio. Una società inclusiva, mista, che non giudica ma accoglie e fa sentire tutti speciali. Senza perdere lo spirito della gara.

Le immagini più belle che mi porto addosso sono: il ragazzo che nell’8 perde il remo e quasi cade in acqua mentre il resto dell’equipaggio si ferma per aiutarlo e rallenta la gara, non vincono, lui è disperato e gli altri lo abbracciano per consolarlo; i riti scaramantici pre-gara, il cuore grande (e super polmoni) dei 3 ragazzi che mi fanno vincere la mia prima medaglia d’oro al remoergometro perché ci danno dentro come tori; Peppiniello di Capua che dà consigli e poi gli abbracci, la gratitudine, la fortuna che abbiamo di poterci mettere al servizio di altri, farci aiutare quando ne abbiamo bisogno, aiutare quando possiamo. Mai come in questi due giorni ho capito il senso di “siamo tutti sulla stessa barca”.