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Dalla triste allegrizia del Natale alla luce profumata di Pasqua

glicine

Dalla triste allegrizia del Natale alla luce profumata di Pasqua

Adoro il rosso ma a Natale mi sento blu

A Natale ho scritto questo, dove parlo di allegra mestizia e triste allegrizia (e come farci pace) di una festa che ci obbliga a fare i conti con i bilanci e con la fine dell’anno e con la luce che manca e le giornate corte. Non so voi ma a Natale io sono sempre un po’ triste, mi entra il freddo nelle ossa, il corpo si prepara allo stare più chiuso, mi mancano le persone che sono passate nella mia vita e non ci sono più, mi mancano i natali dell’infanzia, mi sento un po’ delusa, inadeguata, persa. Mi lascio ferire dalle giornate corte. Penso alle cene di Natale e mi viene una fitta per quelle in cui si fa finta di essere felici. Forse è una festa che si aspetta per un mese intero come un calendario dell’avvento e, anche non volendo, ci sono addobbi e canzoncine natalizie e lucine intermittenti e tutto dove vado mi sento un po’ fuori posto. Adoro il rosso ma a Natale mi sento blu.

 

A Pasqua sono gialla, arancio e fucsia

Ho sempre pensato che noi malinconici fossimo così con tutte le feste. E invece no. Pasqua è molto più indolore, leggera. Meno strombazzata prima, meno preparazione, meno aspettative, nessun impegno, cena e scambi di auguri. Ci sono colori e profumi intensi e i fiori che sbocciano (glicine in questo momento) e la luce delle giornate che si allungano. E i tramonti, lenti. La cena senza accendere la luce. Mangiare fuori. In una prospettiva religiosa forse Natale dovrebbe essere una speranza e Pasqua una certezza. Per me è il contrario: Pasqua è un seme. Mi promette che la luce sta per avvolgermi di nuovo, che l’anno di lavoro sta per finire e i ritmi stanno per distendersi (per me l’anno comincia sempre a settembre), che l’estate è in arrivo e cha tra poco si metteranno i sandali e le gonne che volano sulle gambe e i pantaloni indiani leggeri come un soffio e si sentirà il sole sulle spalle e sul collo e si potrà remare senza strati e magari viaggiare.

 

Stare con quello che c’è: anche le feste

E allora evviva questa Pasqua, questo sentire nella pelle i germogli della vita che pulsa, del rinascere, del rinnovare. Respiro e non sono allergica ai pollini, li guardo danzare e ballo con loro, annuso i glicini e so che tra poco arriveranno i gelsomini e poi forse qualche pioggia estiva e mi godo tutto questo adesso a pieni pori e polmoni con gli occhi spalancati per raccogliere più cielo. E sono grata. Gratissima. Viva. Vivissima.