La prima gara internazionale: Wiener Achter sul Danubio
La mia filosofia nel canottaggio è semplice: vai, rema, divertiti e fai qualche gara; allenati senza fanatismi che cominciare uno sport a 50 anni di sicuro non ti porta alle Olimpiadi; impara, fallo al meglio che puoi e godi di quello che arriva: spruzzi, onde, barca che fila ogni tanto. In questa visione del mondo vorrei remare in tutti i fiumi del mondo e così ho deciso di partecipare col mio 8 misto, lo “Sgangherotto”, un nome-un destino, alla Wiener Achter, la gara di 8 a Vienna sul Danubio.
Fa freddo, piove e ho sbagliato completamente abbigliamento per troppo ottimismo. Ero già stata a Vienna in gita scolastica l’ultimo anno del liceo e un’estate a trovare un amico conosciuto a un corso di francese vicino a Tolone. Della gita più che della gara ho lo spirito: viaggio in treno perché le cuccette sono romantiche e meno non-luoghi degli aeroporti, dormo in ostello con bagni e cucina condivisa, assaporo la compagnia. Adoro quel mix di odori che arriva dalle colazioni asiatiche, il fritto che si mescola al profumo di pane e bretzel, un po’ meno il suono del russare che proprio non mi fa dormire nonostante i tappi. Mi sembra di tornare indietro ai tempi di Inter-rail ed Erasmus, noi ragazzi e ragazze dell’Europa, noi che ci credevamo.
La gara è divertente, partenza in linea per 8 barche da 8 che fanno fatica ad allinearsi perché c’è corrente. Viaaa, qualcuno schizza avanti lasciandoci solo scie, però dietro di noi si allontanano due barche, stiamo andando più veloce di loro ed è bello; poi alla curva una barca ci taglia la strada, io che sono all’8, ovvero l’ultima della barca o la prima nel senso di marcia mi vedo già sulla loro anziché sulla nostra; ci fermiamo, ci distraiamo, i movimenti per ripartire sono scomposti, le due barche dietro di noi sono sparite, siamo gli ultimi, pazienza. Testa in barca, ma intanto ci sfilano ai lati le casette sul fiume, gli alberi e il pensiero che arriva in ogni gara “ma chi me l’ha fatto fare?” e poi passa e il resto è birra, zuppa di lenticchie, foto, risate e felicità.
Vienna è bellissima, da non perdere il Belvedere con i quadri di Klimt, Kokoschka e Schiele ma soprattutto il Fregio di Beethoven al palazzo della Secessione: sulla Nona Sinfonia un’allegoria di Klimt che ruota tutto intorno alla stanza secondo l’opera d’arte totale di Wagner; architettura, musica, pittura, racconto, immersione nella bellezza. Altra pioggia, le casette di Hunderwasser, cibo vegano ovunque, mezzi che funzionano benissimo, pelle superidratata da umidità costante. La domenica non c’è un negozio aperto, neanche in stazione, quindi portarsi scarpe impermeabili.