Pesce marcio in Danimarca: Amleto chef e il suo monologo surreale
Scusami William Shakespeare: ho rubato da un tuo capolavoro…
Mi chiamo Amleto e sono uno chef. Lo chef più famoso di Danimarca.
Mio padre è appena morto e mia madre sposa mio zio. Proprio oggi. Ma le tragedie non finiscono qui. Mi tocca cucinare alle nozze.
E io li avveleno quei due. Con un menù radioattivo, al Polonio.
Fine dei loro giorni. Fine delle mie sofferenze. Fuori e dentro.
Aperitivo anzi amuse-bouche: Rosencrostini con mortOfelia, Laerte fritte di Pollonio e Spettro in carpione. E poi non dovrebbe già essere stagione di sgombri? Siamo in autunno.
Come antipasto omelette d’Amlet, una frittatina alle erbe: Reginaldo, pungente e speziato; Voltimando, amarognolo e mandorlato e una punta di Cornelio, fresco e piacevole. Ci sono più cose in cielo e in terra che erbe nel mio orto.
Quanta eloquenza!
Per primo un classico: spaghetti Claudio, olio e peperoncino.
Di secondo pesce: Orazio al cartoccio con patate al forno.
Qui ho un dubbio. Lessare o non lessare. Questo è il problema. È
più degno lasciare le patate con la buccia esposte ai colpi di balestra di una sorte oltraggiosa o prendere le armi contro un mare di bucce e pelandole, por fine a tutto?
Infine il Guildessert: il mio famoso Gerstrudel.
Che sete. Bevo, è Polonio. Muoio.
Se è ora, non sarà dopo. Se non deve essere dopo, sarà ora. Se non è ora, comunque sarà. Essere pronti è tutto.
Il resto è silenzio.