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le, gli, loro: poveri pronomi personali, salviamoli, vi prego

Le-Gli-Loro

le, gli, loro: poveri pronomi personali, salviamoli, vi prego

Ok lo sappiamo, la lingua evolve e si semplifica.

Ma ci sono cose che a me fanno proprio star male: un congiuntivo sbagliato, i torinesi che “non si osano” invece di dire che “non osano”, i pugliesi che rendono transitivi verbi che non lo sono, per cui “scendono borse”. Ognuno ha le sue piccole sofferenze. Non siamo perfetti. Va tutto bene.

Alcune cose però fanno proprio male al cuore. E alle orecchie, soprattutto. A me uccidono i pronomi personali, i vecchi dativi che usiamo oggi per dire a lui, a lei,  non parliamo dei plurali.

Il peggio è che giornalisti, insegnanti, professori universitari usano “gli” anche per il femminile e “le” quando è forma di cortesia come se si desse del lei. Orrore.

Non sono una paladina della grammatica o un membro della Crusca, e neanche una fautrice della pragmatica del linguaggio. Solo credo che usare i pronomi giusti ci aiuti a capirci, che non è sempre facilissimo. Ad esempio ci dice qualcosa sui sessi e sul numero di persone, aiutandoci a districarci nella comprensione.

“Le porto un fiore”. Mi dice che lo porta a una donna. “Gli scrivo”. Mi dice che scrivo a un uomo. Non parliamo del “gli” che invade anche i plurali. Supponiamo di insegnare danza a un gruppo. “Ho insegnato loro un nuovo passo” Non suona molto meglio di “Gli ho insegnato un passo?”. E poi loro vale sia per un gruppo di maschi che di femmine. In fondo è abbastanza comodo.

Vi prego. Se non lo fate per la grammatica, fatelo almeno per farvi capire meglio, e se non lo fate per quello fatelo per la musica, per l’armonia e la bellezza dei suoni.

Grazie

ps: se avete dubbi, chiedetemi. Già che ho fatto questa parte da maestrina antipatica, mi prendo le mie responsabilità.