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La bella addormentata: potere e incanto del balletto

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La bella addormentata: potere e incanto del balletto

Ieri sera sono andata a vedere La bella addormentata su musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij e coreografia di Marcia Haydée (da Marius Petipa) nell’interpretazione del Balletto del Teatro Nazionale di Praga al Teatro Regio di Torino.

Non andavo a vedere un balletto classico da non so quanto tempo ed ero entusiasta e disposta a lasciarmi incantare. Il giorno prima avevo visto le prove dietro le quinte per la Stampa e avevo voglia di sedermi in platea, sospendere l’incredulità e tuffarmi nella favola.

Uno spettacolo bellissimo, ricco, colorato, pieno di professionalità e passione.

La cosa che mi ha colpito di più è l’ondata di serenità e pace che mi ha travolta, non tanto durante, ma dopo.

Durante, la mia mente ipercritica cercava possibili appigli: certo che le favole sono tutte antifemministe, vediamo se c’è qualche micro-imperfezione nell’insieme, se una manina è un po’ più aperta o un salto un po’ meno alto. E va bene, quello è il suo lavoro, abituata a tanta danza contemporanea, sempre disposta a lasciarsi disarcionare e farsi mettere in crisi, la mente fa sempre così.

Io invece mi sono goduta il senso di simmetria, le linee precise, la nettezza delle forme e dei sentimenti: l’invidia è invidia e non si può scambiare con altro; la grazia è grazia, la bellezza è bellezza come la fila è fila, la diagonale è diagonale, il cerchio è cerchio.

Questo, unito alla meraviglia della musica, mi ha messo addosso un senso di abbandono. Poco per volta ho smesso di cercare e mi sono lasciata trovare: dai caratteri precisi, dall’inequivocabilità forse a volte anche un po’ didascalica dei movimenti, dal non dover cercare un senso, dalla tranquillità della ripetizione. Ti piace un passo, ed eccolo di nuovo e poi di nuovo. E se le braccia vanno a destra, andranno poi anche a sinistra. Oh che relax!

Niente mi chiama in causa, mi disturba, mi interpella. Tutto mi avvolge, mi coccola, mi porta dentro. Non devo più difendermi da nulla, anzi posso abbandonarmi, affondare nella poltrona mentre intorno gli applausi sono generosi e punteggiano ogni esibizione.

Naturalmente mi innamoro di Carabosse, la strega cattiva, che invece di essere una fatina in tutù e scarpe da punta è un uomo longilineo con unghie cattivissime e parrucca, coperto da un abito nero con gonna-pantalone aereo che vola a ogni salto e crea nuvole impalpabili che amplificano la durata delle sospensioni. Che meraviglia.

E quando arrivano i personaggi delle altre favole alla festa: Biancaneve e i sette nani, Cappuccetto rosso col lupo, il Gatto con gli stivali e la gattina me li godo come se ritrovassi dei vecchi amici che non vedo da un po’, sorrido, mi sorride anche la pancia.

Ma la cosa più bella avviene quando torno a casa: mangio qualcosa e poi scivolo nel sonno senza accorgermene e dormo una di quelle notti senza interruzioni, senza sogni disturbanti, di pura meraviglia. Ho il cuore caldo, pieno di magia vista e sentita, ho tutto il corpo morbido, sono grata, senza pensieri, riappacificata. E così mi sveglio: riposata, serena, ancora più grata.