Festival Senzala con Mestre Pelè: a capoeira que vem do coraçao
Mestre Pelè ha il sorriso leggero di chi prende la capoeira con la massima serietà. Di più. “La capoeira è la mia vita” racconta.
Nato a Rio de Janeiro, è in Europa, prima in Portogallo e poi in Italia, da 10 anni. Per questo insieme al 5 Festival Internazionale Capoeira Senzala, cominciato oggi e che continua fino a domenica 29 aprile festeggerà anche il suo compleanno europeo.
Durante la settimana rode di capoeira, ma anche tanto altro: jongo, antico ballo popolare il cui l’ombelicata, il colpo di ombelico della coppia è il protagonista, maculelè, la danza dei bastoni, canto e musica.
Durante la settimana arriveranno mestres da tutto il mondo: Amsterdam, Copenaghen, Londra, Ginevra, Lubiana, Svezia, Austria e Brasile con i loro allievi.
“La cosa più importante – spiega Mestre Pelè– è lo scambio con persone di altri paesi. La capoeira è nata in Brasile ma ha assorbito varie culture. Per questo insegna a rispettare le differenze non a far finta che non ci siano”.
La capoeira è infatti un incontro fra gli schiavi africani portati in Brasile, gli indios e la cultura dominante bianca. Ma non solo, la capoeira è danza, lotta, malizia (malanfragem in portoghese), astuzia e abilità. Si diventa più forti, più astuti, più fantasiosi, più coordinati.
Per chi fa arti marziali non è una arte marziale, per chi balla non è una danza, per gli sportivi è una cosa strana. Sinuosa, imprevedibile e divertente, è tutte queste cose insieme ma anche tante altre. Nello spazio della roda, il cerchio in cui si gioca al suono del berimbau e dei tamburi, scorre un’energia travolgente. Si canta e si battono le mani mentre i due giocatori al centro imparano a sfidarsi, rispettarsi, difendersi, farsi finte, sgambetti, attacchi e schivate. Si impara a proteggere i nuovi arrivati, a sfidare quelli di pari grado, ad esprimersi. Il gruppo diventa una famiglia. Una tribù. Nasce un’armonia particolare, unica, che esiste solo nel suo essere qui e ora. Se a qualcosa assomiglia, forse è proprio la vita: un’esperienza complessa in cui si ride, si soffre, ci si scontra, si cade e ci si rialza. “L’importante è alzarsi una volta di di più di quante si è caduti” dice Pelè.
Innamorato di questa arte, Pelè è impegnato nella diffusione della cultura brasiliana. “L’immagine che si ha del Brasile non corrisponde alla verità: non sono solo ragazze poco vestite che ballano e capoeiristi a torso nudo”.
Per questo invita continuamente mestres che insegnino la capoeira secondo altre visioni ma anche danze popolari, danze degli Orixas, le divinità afro-brasiliane.
Sabato 28, dopo un’intensa giornata di capoeira alla palestra Zumaglia (via Zumaglia 41) la cerimonia del batizado per i nuovi allievi e il cambio di corda per premiare i progressi dei più esperti, ci sarà uno spettacolo sulla schiavitù al ristorante Brasilerinho in strada delle Cacce 20 dalle ore 20.30 interpretato da Pelè e dagli allievi che si sono cimentati con prove di canto, musica e danza negli ultimi mesi, oltre agli allenamenti di capoeira. “Rappresenta una evoluzione nel nostro lavoro – spiega il Mestre – un impegno maggiore a favore della capoeira. La nostra cultura ha una storia che affonda le radici nella storia degli schiavi portati dall’Africa nelle piantagioni di canna da zucchero”.
Senza cultura non c’è sviluppo. Viva allora chi nella cultura investe e crede, anche quando si tratta di capoeira. Parabens mestre Pelè. Buon compleanno!
http://www.torinocapoeira.it/capoeira.php?cap=festival
Quando ho chiesto a Mestre Pelè una foto per l’articolo mi ha mandato questa in cui sorride e gioca felice. L’ho trovata bellissima perché lo rappresenta in pieno. Non è una foto mentre fa qualche acrobazia spettacolare o un salto mortale o dà un potentissimo calcio che sarebbe in grado di stendere chiunque.
Ma la cosa più bella l’ha scritta nella mail
Ecco la foto
con ginga no corpo
pè no chao
sorriso no rosto
e a capoeira que vem do coraçao
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/appuntamenti/articolo/lstp/451335/