Conflitti, fede e tanta amicizia al Religion Today Film Festival
Piccoli grandi protagonisti per piccole storie che diventano grandi e importanti. E universali nelle mani dei registi che sanno toccare le corde delle emozioni, quelle più autentiche. Fra i film in concorso al Religion Today Film Festival di Trento, il festival di cinema delle religioni, giunto al suo quindicesimo appuntamento, colpiscono molto due film che raccontano di incontri-scontri con fedi diverse.
In entrambe i casi il protagonista è un bambino o poco più.
Kaddish for a friend di Leo Khasin ambientato a Berlino è la storia di Ali, 14enne cresciuto in un campo profughi in Palestina e che ha imparato a odiare gli ebrei. Per farsi accettare dagli amici entra nell’appartamento di Alexander, un ebreo polacco veterano della seconda guerra mondiale. Nell’appartamento però gli amici di Ali compiono atti di vandalismo e quando l’anziano ritorna, riconosce solo Ali e lo denuncia alla polizia. Da qui i due cominciano una relazione che dal sospetto iniziale li porta a diventare amici. Ali accetta di riparare al danno sistemando l’appartamento della sua vittima. Scopre così come è morto il figlio di Alexander, e fra momenti di ilarità, ironia e tragedia i due diventano inseparabili tanto da indurre il vecchio a ritirare la denuncia fra il sospetto dei poliziotti.
Anche il protagonista di David di Joel Fendelman è un bambino di 11 anni. Siamo a Brooklyn e Daud è il figlio dell’imam. Un giorno riceve un prezioso Corano, ma lo recapita per errore in una scuola ebraica. Comincia così a frequentare un nuovo ambiente e nuovi amici, in cerca di una vita che gli assomigli e in fuga dalla sua famiglia. Diventa amico di Yeov, gioca a basket e scappa in metro a Coney Island tenendo tutto per se il peso della sua menzogna finché non viene smascherato rischiando di perdere l’amicizia dei compagni.
In entrambi i film il volto dell’altro, la sua vita, la sua storia, interrogano sulle radici dell’odio e dello scontro ma anche sulla facilità di abbandonare i pregiudizi e concentrarsi sulla persona. Forse perché i protagonisti sono giovani, curiosi, aperti e interessati a migliorare la loro vita e a comprendere le ragioni dell’altro. In entrambe i casi la regia incoraggia la bravura e la naturale e gioiosa semplicità dei piccoli attori con delicatezza e passione, lasciandoli agire e seguendoli con uno sguardo rispettoso e originale. Proprio dai più giovani e dai registi più attenti e sensibili alla tematica dell’incontro può nascere un dialogo interreligioso che parte dalle verità e dalle vite dei più piccoli. Le teologie e le tradizioni religiose possono aspettare: cosa conta ora è la persona.
Da non perdere.