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L’amore non ricevuto è un racconto che si cristallizza

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L’amore non ricevuto è un racconto che si cristallizza

Dopo L’amore non dato ecco l’amore non ricevuto.  L’amore non è mai abbastanza. Ci sembra che ci sia sempre qualcosa che manca, qualcosa di noi che genitori, insegnanti, educatori, allenatrici, maestri, compagne, fidanzati, amiche e amici non hanno visto e apprezzato. Qualcosa gira male come un tappo difettoso su una bottiglietta di acqua che perde lasciando gocce nello zaino e scie nella borsa e, a volte, innaffia tutto: agenda, fazzoletti, libri, penne, chiavi.

 

La furia del non amore

La cosa più facile da fare è arrabbiarsi con gli altri: con chi ci ha cresciuto che poteva metterci più impegno; chi si è occupato di noi, in fondo, poteva farlo meglio già che ci ha messo al mondo senza che glielo chiedessimo; chi ci ha insegnato nozioni e passioni avrebbe potuto fare di più. E così via. Coltiviamo una sorta di rabbia predatoria, una richiesta di risarcimento per l’amore non ricevuto. E allora facciamo tre cose: 1) ci lamentiamo in preda a uno straziante io-mio-me narcisistico su quanto siamo vittime e solo noi solo noi solo noi ripetendo un racconto che si cristallizza e ci impedisce di stare con l’immediatezza di ciò che emerge momento per momento; 2) prendiamo voracemente tutto quello che di amoroso arriva, arraffiamo, divoriamo, come se fosse un diritto; 3) infliggiamo a chi ci incontra lo stesso trattamento poco amorevole e trattenuto, prudente e sparagnino, sempre per il solito io-mio-me.

 

Lasciare il crampo dell’ego

Quando usciamo da questo crampo dell’ego che ci strizza e ci strozza, iniziamo ad amare. Diamo prima di chiedere, offriamo prima di pretendere e tutto cambia sapore. Diventa naturale perdonare invece di proteggersi, capire che chi ci ha amato ha fatto il possibile per farlo nel migliore dei modi ma, proprio come noi, era nella fase 1, 2 o 3. Usciamo dall’io-mio-me e invece di occuparci delle nostre ferite, insanabili, includiamo quelle dell’altro, ci prendiamo cura di un instabile e traballante “noi” in cui siamo uno: la sua pelle è la nostra pelle, le sue mani sono le nostre mani, il suo cuore è il nostro cuore.

 

Photo by Nadia Valko on Unsplash