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L’amore non dato è come una lampadina mal avvitata

Photo by Christopher Machicoane-Hurtaud on Unsplash

L’amore non dato è come una lampadina mal avvitata

L’amore non dato, per paura di farsi male, per pigrizia, per il gusto dell’attesa di qualcosa di meglio, per insicurezza, per presunzione, per le narrazioni che ci imponiamo, per ogni altra scusa di cui siamo capaci, resta intrappolato. In prigione fra il cuore e le mani, strozzato dalla testa e dalla ragione, continua a crescere e a pungere dentro quando l’altro o l’altra non ci sono più. Si sono allontanati per causa nostra, per il nostro “non-amore”. E poi, col tempo, il sentimento cresce arrabbiato, tormentato dal troppo tardi. E graffia, scortica, toglie il fiato.

“Non è il momento”. “Non so cosa voglio”. “Adesso devo pensare a me: lavoro, guai, ahiahi”. “Non vedi in che situazione complessa sono: tu devi solo sorridere e scodinzolarmi intorno, non portarmi i tuoi problemi” Non serve dirlo, magari facciamo tutto questo senza parole, solo per proteggerci, per difendere chissàcosa, nel tentativo di salvarci, senza entrare in connessione con cuore e ossa, pelle e pancia. Siamo vittime del solito “io-mio-me”.

Il tempo è tutto e passa; non vediamo che l’altro ha sempre meno spazio, si spegne e se ne va. E lì scatta la lampadina mal avvitata. L’altro resta, anche se lo sostituiamo con altri malcapitati o altre capitate bene. E anche se non c’è più, ogni tanto, mentre siamo divorati dai rimpianti, dal non fatto, dai “ti amo” non detti, dall’essere patetici, fuori spazio e tempo, ci dà una scossa elettrica, ci pungola, ci squarcia, ci brucia, proprio come una lampadina avvitata male, che fa contatto quando meno ce l’aspettiamo.

Forse ci piace quel sapore sturmunddrang della nostalgia divorante, del tempo perduto, della malinconia in ogni respiro. Oppure possiamo ancora salvarci ed esserci, con tutti noi stessi, con tutta la presenza di cui siamo capaci, senza risparmi, senza “se, ma, se solo… “. Forse così la luce resta accesa quando arriva l’autunno e possiamo riposare nelle braccia dell’altro senza scosse, pronti a passare l’inverno.