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Il pranzo-meditazione con la monaca zen in armonia con la natura

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Il pranzo-meditazione con la monaca zen in armonia con la natura

Da La Stampa, 22 maggio 2019

Il «Barugongyang» o «cibo del tempio» è il rito del mangiare con gratitudine in armonia con la natura e tutti gli esseri viventi interconnessi in unico abbraccio. Avviene nei templi monastici buddhisti coreani e sta diventando una moda per chi medita, chi cerca rifugio nel silenzio e nella fuga dallo stress per approdare a un piccolo sorriso interiore, anche se in versione turistica.

La monaca buddhista zen Jeong Kwan, protagonista di una bellissima puntata della serie tv «Chef’s Table», nella giornata di ieri, martedì 21 maggio, è stata al centro del rito al MAO oggi per la Korea Week.

La venerabile emana luce, un sorriso quieto che accarezza il cuore. È pura presenza ma anche creatura di un altrove, impassibile ed equanime davanti a fotografi, telecamere, rumori, movimenti, piccoli sbagli delle 20 persone che partecipano al laboratorio. Nella tradizione zen l’errore, inevitabile date le regole minuziose, è parte dell’apprendere, serve a restare umili e mantenere la mente del principiante.

Frittelle di ginseng, radice di loto sotto aceto, marmellata di mirtilli coreani fermentata cinque anni, riso glutinoso, funghi shitake con sciroppo di riso, erbe e ortaggi di montagna. Il pasto ha lo scopo di proteggere se stessi, tutti gli altri esseri viventi e tutto il pianeta. Una celebrazione della vita, dell’uguaglianza, della compassione e della condivisione.

Vegetariano, salutare, locale e in armonia con le stagioni e la natura, è un atto meditativo. Il consumo avviene in quattro ciotole di legno «baru» che, impilate una dentro l’altra, si dispongono in senso orario, come atto di devozione alla vita. Contengono riso, zuppa, oggi di funghi, contorno e acqua. I cibi del tempio sono freschi o conservati sotto sale o aceto, spesso fermentati come il kimchi. Ci sono ortaggi, radici selvatiche, funghi, frutti, fiori, alghe, ricchi di nutrienti e fibre. Il pasto è ecologico perché non si generano rifiuti e si consuma solo quello che è necessario. Le ciotole sono poi lavate una con l’altra e disinfettate al sole che nutre e dà vita tutti gli esseri.

Il rituale è complesso: i bastoni battono uno, due o tre volte, l’acqua è la prima ad essere distribuita. Serve a sciacquare le ciotole e bisogna conservarne un po’ per lavarle alla fine. Quando si è serviti, per dire basta, si fa oscillare la scodella. Non si deve fare rumore e bisogna coprire la bocca mentre si porta il cibo alla bocca. Si mastica senza fretta, con consapevolezza, assaporando sapori, colori e forme.

Prima di mangiare ci si inchina e si recita: »Da dove viene il cibo? Le mie virtù sono così poche che non sono degno di riceverlo. Il cibo è la medicina per liberarmi dall’avidità della mente e per preparare il corpo all’illuminazione». Dopo mangiato, invece, si medita su «Dove è il cibo ora? Come sto? Cosa succede?». La venerabile sorride nella sua luce contagiosa. Vuole sapere come è stato condividere l’esperienza. È curiosa, irradia una vibrazione di pura pace che tocca occhi, stomaco, mente e ogni cellula del corpo e invita a una dimensione spirituale. Un inchino.