Viaggio in Mongolia, giorno 15: il mitico lago Khovsgol
La mattinata a Moron si trasforma in una caccia al tesoro: mi sono messa in testa di acquistare un Deel, un lungo cappotto che si allaccia su un lato del corpo. Le donne mettono la cintura colorata in vita, gli uomini intorno alle anche: un capo tradizionale, semplice, elegantissimo. Di solito è blu acceso, verde o bordeaux. Di lana, seta o cotone a seconda delle stagioni. Spesso le coppie lo indossano uguale. Riesco a trovarne uno al mercato con una bellissima fantasia arancio e nera, mi arriva quasi fino ai piedi. Chissà se riuscirò a metterlo in tardo autunno o mi sentirò troppo “popoli e paesi”? Sì, lo metterò. Si allaccia con alamari di bronzo sulla spalla e all’altezza dell’ascella destra. In vita metto una semplice fascia elasticizzata nera. Dopo averlo sistemato disegno con le mani sulla schiena 2 grandi pinces et voilà.
Viaggiamo su strada (evviva!) fino al lago Khosvgol in una speciale area protetta molto estesa. Un posto incantevole a 1645 metri, che fornisce il 2% delle acque dolci del pianeta: 96 affluenti e un solo emissario, il fiume Engin. Qui ci sono molte strutture ricettive, è weekend, siamo nella settimana del Naadam e i pochi turisti mongoli viaggianti sono tutti qui. Ci sono specie animali rare ed è un posto magico. Per molti mesi l’anno è gelato (siamo alla stessa latitudine e non lontano dal lago Baikal). Guai a fare la pipì in prossimità di fiumi e laghi che sono sacri e da cui le famiglie (o le strutture) attingono l’acqua.
Lungo il percorso vediamo alcuni Tsaatan, popolo renna che vive in condizioni estreme con tende teepee ovvero a punta con pali di legno coperti da pelle. Mi fanno pena le renne accaldate, hanno l’aria triste triste. Tanto che puoi farti il selfie, lasciando un’offerta e ricevendo anche delle pistole ad acqua con coi rinfrescare gli animali. Che tristezza.
Dormiamo in una casetta di legno con più stanze. Siamo al secondo piano e dopo tante gher sono felice di apprezzare le finestre che permettono di guardare la pioggia. Il bagno è sempre lontano, qui saranno 300 passi in piano ma ci sono anche le docce. Puoi chiedere di scaldare l’acqua e ricevi la chiave del boiler. Sotto c’è un bar e un ristorante. Mi ricorda i saloon dei western, sarà perché molti (con Deel, cappello e stivali) vengono qui a cavallo, lasciano l’animale fuori e ripartono con la spesa (alcool soprattutto).
Appena sistemati nella stanzetta, riceviamo dai vicini alle 17 un generoso piatto di carne con patate e pietre. Mario addenta, io non ce la faccio e offro ad autista e guida. Le pietre servono come disinfettante della carne e delle dita.
Il resto è passeggiata intorno al lago: spazio, bellezza, luce azzurra, acqua cristallina, cavalli che passano, uccelli, vento, purezza, occhi che vedono più lontano del solito.