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India del Nord giorno 2: Amristar fra oro, acqua e riti

Amristar

India del Nord giorno 2: Amristar fra oro, acqua e riti

Dopo una meravigliosa notte di sonno vero in un letto vero (finalmente) ad Amristar (Punjab), andiamo a visitare il famoso Golden Temple, il tempio d’oro, luogo sacro della religione Sikh. In realtà ogni persona è benvenuta, indipendentemente dal credo, a patto che si copra il capo. Io ho la mia dupatta che diventa sciarpa, foulard, asciugamano. Gli uomini Sikh indossano eleganti turbanti colorati (devono osservare le 5 “kappa”: Kesh, peli e capelli non tagliati, segno dell’accettazione della volontà di Dio; Kangha, il pettine, segno del controllo spirituale; Kirpan, il pugnale, segno della volontà di difendere la verità; Kara, il braccialetto metallico al polso, segno dell’unità con Dio e col guru; Kashera, pantaloni corti quasi fino alle ginocchia, segno della forza morale). Ma anche senza turbante si può entrare acquistando un piccolo fazzoletto arancio o prendendolo in prestito.

Si lasciano fuori le scarpe e si gira in senso orario, fra uomini, donne, bambini e un’umidità che tutti ci riveste e tutti ci rende uguali e che fa colare il sudore negli occhi e sui vestiti. Si fa fatica a respirare e la temperatura percepita è più alta che a Delhi.

Anche questo insegna a stare, un bagno umido di umanità, un fiume di persone che fanno abluzioni (i maschi scendendo nell’acqua direttamente, le femmine al chiuso), si respira spirito, si sente qualcosa oltre la rabbia, la fretta, il fare. Si scorre insieme come un ruscello bollente e pacifico. Il tempo si ferma, lo spazio si allarga e la gratitudine sorge.

Usciamo e l’aria è ancora più calda, beviamo un tè e le dita delle mani grondano acqua, ci stiamo sciogliendo ma mente e corpo non combattono più, lasciano che accada.

Acquistiamo un coltello (viaggiando solo con bagaglio a mano non ce l’avevamo) per mangiare qualche mango piccolo e buonissimo, un concentrato di vitamine ed energia, e poi partiamo per il confine col Pakistan. Qui ogni sera alle 18 si svolge un rito particolare: un cancello separa i due Paesi, intorno uno stadio, metà Border Security Force indiana, metà Pakistan Rangers. I militari altissimi indossano un copricapo a ventaglio e si sfidano in una coreografia assurda a passi dell’oca, chi alza di più una gamba tesa. La cosa più divertente è la sfida dagli spalti a colpi di cori patriottici incitata da militari da entrambi i lati, più conduttori (la parola funziona bene) televisivi che altro. Si canta, si urla, si balla. Un gruppo di donne corre con la bandiera indiana, poi si balla Bollywood, bisogna ballare e urlare più forte possibile, per coprire gli avversari, poi arriva “Jai Ho” di Slumdog Millionaire. Tutti si agitano, io sudo solo a stare ferma all’ombra immobile. Poi il rito militare: prima 2, poi 4, poi di nuovo 2, poi 1, poi i due militari si danno la mano, il cancello si chiude, le due bandiere si ammanaino e tutti giù nel traffico imballatissimo per tornare verso Amristar.