Kombucha: il tè rifermentato dell’immortalità
Al primo assaggio non è facile innamorarsene. O piace molto o non piace per niente. Poi, al secondo, tutto cambia. Frizzantina, agrodolce, pungente sulla lingua e sul palato, danza con le papille, risvegliandole. È la kombucha, tè rifermentato, il cui gusto ricorda vagamente il sidro, ma con pochissimo alcool. Il 21 febbraio è il World Kombucha Day 2023: la giornata internazionale della bevanda del momento che sta facendo impazzire persone vegane e salutiste, praticanti di yoga, meditanti, sportivi, dive e divi di Hollywood, appassionati di fermentazione per il suo gusto acidulo e le sue proprietà benefiche per l’apparato digerente e il sistema immunitario. Cosa è? Partiamo dal nome. Finisce con “cha”, quindi è un tè. Su “Kombu” ci sono molte leggende e nessuna certezza: forse un medico coreano che curò l’imperatore giapponese. L’alga non c’entra. Di sicuro siamo in Oriente: l’imperatore cinese Qin Shi Huang nel 221 a. C, l’ha soprannominata “tè dell’immortalità”. In ogni caso si tratta di una bevanda nata più di 2000 anni fa facendo fermentare un tè zuccherato.
“Per far partire la fermentazione – racconta Stefano Zamboni, fondatore nel 2019 di Legend Kombucha di Verona, una delle prime brewery in Italia – si usa lo SCOBY, Symbiotic Culture Of Bacteria and Yeasts, un materassino di cellulosa con lieviti e batteri che lavorano in simbiosi a temperatura controllata. I lieviti consumano parte dello zucchero creando come output etanolo e Co2. Qui comincia la fermentazione batterica, ovvero i batteri digeriscono per noi creando un superfood ricco di vitamine, acidi organici, aminoacidi, antiossidanti, probiotici. Non è filtrata né pastorizzata quindi rimane viva”. Rispetto a vino e birra, anche loro risultato della fermentazione, la percentuale di alcool è bassissima, sull’1, 1,2%. Anche gli zuccheri sono molto bassi. E non c’è glutine. “Sono sempre stato appassionato di tè – racconta Zamboni – e ho vissuto negli Stati Uniti, prima a New York dove frequentavo le sale da tè cinesi dell’East Village e poi in California dove ho una cugina molto yoga-hipster-hippy che beveva sempre kombucha. Così l’ho assaggiata, all’inizio mi sembrava strana poi mi ha folgorato. Viaggiando in Canada e poi a Seattle e Portland dove c’è una grande cultura della birra artigianale, ho scoperto che tutti ne avevano in frigo. Tornato in Europa ho cominciato a fermentare a casa di mia nonna”.
Ora Legend Kombucha è un’azienda-laboratorio che produce bottiglie e lattine in modo artigianale e con grande attenzione alla qualità in ogni fase della lavorazione. Collabora con l’Università di Verona e La Sapienza di Roma per rendere la kombucha sempre migliore, nel rispetto della tradizione e interpretando le esigenze di chi la consuma. Ed ecco le aromatizzazioni: l’Original Blend, la Ginger Bomb (zenzero e limone), la SGT Pepper’s Mint (menta piperita) che hanno anche la certificazione BIO ICEA. E altre versioni stagionali, estive con pesca e basilico, natalizie, al caffè. “Usiamo tre tè verdi e uno nero – spiega Zamboni – 2 dalla Cina e 2 dal Ruanda. È bellissimo sperimentare con i gusti. La fermentazione trasforma le materie prime rendendole già digerite. Come succede con il kefir e il kimchi. È molto diverso mangiare un cavolo cappuccio e un crauto: l’effetto è un po’ quello. Oggi vanno molto di moda gli integratori ma è chiaro che un integratore naturale è molto più assimilabile dall’organismo di prodotti di sintesi”.
C’è chi la beve a stomaco vuoto al mattino, chi sostituisce il caffè di metà mattina, chi lo usa dopo lo sport per reintegrare e recuperare energie e chi predilige consumarla mangiando. “L’ideale – dice Zamboni – è sperimentare: noi proponiamo una kombucha molto beverina e molto piacevole che si abbina alla pizza gourmet come ai ramen ma nulla vieta di provare con tutto quello che si desidera”. Da persona che proviene dal mondo del marketing e della comunicazione, Zamboni la definisce “antico tonico orientale” e, se non proprio elisir dell’immortalità, una kombucha consente, come ogni tè, di ritagliarci un tempo speciale, fuori da quello dei secondi che scorrono, per entrare nel mondo alchemico e quasi magico delle meraviglie che accadono in natura e che non finiscono di stupirci e riconnetterci alla nostra parte migliore.