Il narcisismo del martire: parole in forma di musica
Con gli occhi,
le mani
e le parole.
Sedurre,
lo so fare,
me
prima di tutti.
Il rumore
della mia voce,
le mie facce dietro le facce,
le parole inanellate
ai silenzi, giusti,
m’innamoro
raccontando,
scrivo, compongo, romanzo,
tracimo, esondo, straripo, trabocco,
assaporo, divoro, ti adoro,
lavoro, lavoro, lavoro,
non so fermarmi.
Guardo luccicare gli occhi
di chi mi guarda,
poi
insceno
il mio malessere,
lo covo e
non lo lascio
andare via.
Sono vittima,
ora e per sempre.
È colpa tua.
Solo io,
solo a me,
tutto a me.
Tienimi la mano
nella notte
quando sento che
non ci sei più
e bevo
zenzero caldo.
Fa freddo
sul tappeto di cartone,
nel letto vuoto,
nella cucina
vista muro
del pianto
che posso riempire di burattini
e maschere
e cappelli.
Mi si nota di più
se ho la sciarpa a righe
le occhiaie nere
gli stivali blu,
o se non mangio
e non dormo mai più?
Mi piace
il mio stare male
ha il sapore del fuoco,
del dramma
e del sale.
Ci so stare.
È con me
che non so
dove cominciare.
È con te
che non so
come stare
nudi
vicini
nell’altalena
dell’intimità,
veri,
senza veli,
peli,
teli.
Senza profumo.
Io
Narciso
e
martire
parole di miele,
e di burro,
compiaciuto
rettangolo
di spigoli,
con gli occhi
le mani
e le paure.