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Scarpe rosse: magia, attenzione e gratitudine a ogni passo

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Scarpe rosse: magia, attenzione e gratitudine a ogni passo

Le mie scarpe preferite sono rosse: stivali, sandali, allacciate, aperte, alte, basse. Ogni tanto indosso scarpe nere o di altri colori ma sento che c’è qualcosa che non va: quando guardo in giù è come se mi mancasse qualcosa. Qui cerco di capire perché mi piacciono così tanto.

Le scarpe rosse sanno di infanzia, quando i sandali coi 4 buchini erano blu o rossi. Hanno il sapore magico della bambina che si trasforma in ragazza e accoglie la sua prima mestruazione e con stupore e paura si accorge del sangue. Indicano che il corpo si sta trasformando e rinnovando in ogni istante.

Scarpette rosse è una favola tragica di Hans Christian Andersen sulla vanità e la brama: una bambina povera vuole le scarpe rosse a tutti i costi ma questo desiderio si trasforma in morte perché le scarpe non si fermano mai, proprio come nel film di Powell e Pressburger che ha come protagonista una ballerina. Per Dorothy ne Il Mago di Oz compaiono per magia e servono per ritornare a casa.

Le scarpe rosse attirano gli sguardi, in primis i propri. Il rosso è eleganza, forza e potere, non per caso anche il papa indossa scarpe rosse.

Dal 2009, dopo l’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet per denunciare gli abusi sulle donne e il femminicidio, sono diventate simbolo della lotta contro la violenza di genere.

Per me indossare scarpe rosse è un po’ tutte queste cose insieme ma soprattutto è un richiamo di attenzione. Quando entrano nel campo visivo mi ricordano che sono fortunata perché sono qui, sono viva, posso affrontare il prossimo passo, degna di poggiare il piede sulla terra che mi accoglie, capace di fare una sola mossa alla volta con umiltà, di godermi il viaggio ovunque porti, perché anche il passo indietro è dignitoso e anche quello traballante e pure quello incerto.

Le scarpe rosse sono memoria e futuro, gratitudine e bellezza, voglia di apparire e felicità, legame con la terra e soprattutto con la lunga scia donne che mi hanno generata generandosi una con l’altra e consegnandomi alla gravità, piccolo grumo rosso libero di muoversi nel mondo.