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Il disegno danzato: quando il cartone animato sposa la musica

minnie the moocher

Il disegno danzato: quando il cartone animato sposa la musica

Il cinema d’animazione era ancora muto e già danzava. Ballava su una musica immaginaria, un ritmo che dettava il succedersi delle sequenze, dei movimenti e della comicità, lasciando spazio a eventi improvvisi e sorprendenti. A differenza del cinema vero che riproduce un movimento esistente in fase di ripresa, il cartone animato è una successione di immagini senza dinamicità interna. Per questo, ancora più del cinema dal vero, ha bisogno di creare un rapporto simbiotico con la musica perché solo lei può infondergli la terza dimensione, il corpo, la profondità che da solo non può avere. In definitiva, la musica è un po’ l’anima del cartone, e il cinema d’animazione è costruito come un balletto, in cui i movimenti dei personaggi e il ritmo musicale sono in un rapporto d’interdipendenza molto stretto.

I primi film d’animazione “El hotel eléctrico” (1902) di Segundo de Chomón e “The Haunted Hotel” (1907) di James Stuart Blackton sono pretesti narrativi per scatenare balletti di oggetti: nel primo si entra in un hotel interamente automatizzato e nel secondo la casa si trasforma in organo, le fette di pane si tagliano da sole, i bicchieri si riempiono, mani invisibili apparecchiano la tavola. Winsor McCay, autore delle avventure di Little Nemo, crea uno straordinario personaggio danzante nel primo film misto fra vero e cartone: “Gertie the Dinosaur” (1914). Se il cinema amplia le possibilità espressive della danza oltre i suoi vincoli, grazie alla tecnica, al montaggio e ai trucchi, ma sempre nel rispetto della verosimiglianza, il cinema d’animazione, essendo più svincolato dalla realtà, rende la danza possibile oltre ogni limite. I corpi umani, ma anche gli animali e gli oggetti, possono fare cose incredibili: senza ossa e articolazioni, muscoli e tendini, una gamba può flettersi in avanti come se non avesse il vincolo del ginocchio, un braccio può arrotolarsi come un tubo di gomma, la testa può ruotare di 360 gradi, la schiena può inarcarsi fino a far toccare collo e osso sacro, parti di corpo possono allungarsi all’infinito, schiacciarsi, scomporsi, ricomporsi, rimpicciolirsi fino a scomparire. La danza diventa allora estrema perché i movimenti sono tutti leciti, possibili, plausibili.

Il primo Walt Disney: tutto è danza

In tutto il mondo, il nome Walt Disney è sinonimo di cartone animato. Tutti i suoi personaggi danzano: Topolino balla il tip tap in “Through the Mirror” (1936) e in “Musical Farmer” (1932) gli animali ballano grottescamente, in “How to Dance” (1952) Pippo si cimenta in scatenati fox trot. Topolino è la propaganda animata dell’American way of life del New Deal rooseveltiano e la danza è una sua abilità simbolica: Topolino riesce in tutto quello che fa, ballo compreso. Tutti ballano e sembra proprio che non ne possano fare a meno, perché la loro essenza, o meglio la loro anima, è il ritmo. Ne è un ottimo esempio anche “Fantasia” (1940), in cui la musica riarrangiata di Leopold Stokowski, fa da filo conduttore ad alcuni episodi interessanti dal punto di vista della danza. Sono almeno quattro i tipi di musica, e quindi di ballo, nel film: la musica che racconta una storia, la musica assoluta, la musica-balletto e la musica-balletto con intenti parodistici. Musica, canto, dialogo, gesto, danza: tutto in Disney è volto a umanizzare i personaggi, per offrire non il reale così come è, ma una sua caricatura, ancora una volta l’impossibile plausibile.

Gli anti-Disney: That’s all, folks!

Ai personaggi disneyani, tutti buoni, puliti, educati, candidi ritratti di bambini come li vorrebbe il mondo adulto, rispondono quelli di MGM e Warner Bros: bambini come sono realmente, perfidi, liberi, selvaggi e che non perdono occasione per prenderci in giro. E come se Bugs Bunny, Wile E. Coyote, Beep-Beep, Daffy Duck e Gatto Silvestro ci ricordassero costantemente di non credere a quello che vediamo: è tutto uno scherzo. Ecco perché il motto finale della Warner è: “That’s all, folks!”, che suona come “È tutto, gente!”. Nel 1931 i fratelli Fleischer danno vita a Betty Boop, diva, cantante, ballerina dal grande sex appeal. Tutto danza nei suoi film, in particolare nel capolavoro “Minnie the Moocher” (1932), favola in cui le figure animate sono disegnate ex novo ricalcando il filmato dal vero. Così il celebre ballo di Cab Calloway, che compare all’inizio del film, viene copiato a matita, poi trasferito coi lucidi sul cartone del tricheco in modo che l’animale stilizzato ripeta esattamente ogni movimento del jazzista danzatore con effetto realistico perché i passi sono gli stessi, e comico, perché sono più goffi e rimbalzanti.

Norman McLaren e la coreografia su pellicola

Il canadese Norman McLaren, autore di film sperimentali, riesce a riprodurre non quello che si vede nelle immagini ma quello che scorre fra le immagini. Nel suo studio sulla trasformazione delle linee e delle forme, la danza è spesso oggetto di interesse. Il suo capolavoro è “Pas de deux” (1967), “straordinario arabesco semovente”. Si tratta di una raffinata composizione in bianco e nero di due ballerini che tracciano sullo schermo le linee grafiche dei loro passi in modo da rendere visibili allo stesso tempo tutte le fasi del movimento come nelle fotografie di Marey. Ma nel suo balletto cinematografico, McLaren si spinge oltre, fermando alcune immagini di figure statiche che si fermano nella fase più alta del salto o nella fase di massimo slancio di una gamba e rimangono come sospese mentre i danzatori proseguono l’azione. Il risultato è il “massimo dell’astratto ottenuto con elementi viventi e veri”.

Cartoni verso il musical: la tecnica mista

In anni più recenti, si conferma la tendenza del cartone animato a essere costruito come un musical. Fra i disneyani, “La Sirenetta” (1989) ha il gusto hollywoodiano con canzoni e numeri di ballo. “La bella e la bestia” (1991), dà vita, grazie alla computer animation, a scatenati balli di oggetti come teiere, tazzine, candelabri e pendole. La splendida scena del ballo fra i due protagonisti permette di integrare alla sala sontuosa costruita in 3D, i personaggi disegnati a mano, mostrando i movimenti di macchina più liberi e straordinari in un cartone animato fino a quel momento. Anche i personaggi Dreamworks di Spielberg cantano e ballano. Ad esempio i lemuri di “Madagascar” (2005) eseguono divertenti numeri ben coreografati. E anche ne “L’era glaciale” (2002) realizzato da Blue Sky la danza non manca. Ne “L’era glaciale 2” (2006), lo scoiattolo Scrat in Paradiso volteggia addirittura come una danzatrice classica sulle punte fra arabesque e grand battement.

Non mancano poi esempi significativi grazie alla tecnica mista fra cinema d’animazione e cinema dal vero. Il topo Gerry balla in “Due marinai e una ragazza” (1945) di George Sidney, in una scena che vale il film. Kelly finisce in un cartone animato dove gli animali sono tristi perché il re, Jerry appunto, non sapendo ballare, ha impedito a tutti di cantare e danzare. Decide allora di diventare il suo insegnante e il risultato è eccezionale. Nel celebre “Mary Poppins” (1964) Julie Andrews e Dick Van Dyke sprofondano con le loro danze e stravaganze in un universo popolato da cartoni animati. Pietra miliare nella storia del cinema d’animazione mischiato a live action è “Chi ha incastrato Roger Rabbit” (1988) diretto da Robert Zemeckis, mentre spettacolare è “Come d’incanto” (2007) di Kevin Lima che adatta i topoi delle favole alla commedia sentimentale contemporanea.

http://www.fif.it/index.php?option=com_content&view=article&id=707:il-disegno-danzato&catid=304:expression&Itemid=351

Per saperne di più:
http://www.utetuniversita.it/catalogo/arte-e-spettacolo/cinema-e-danza-3247