Dalla Nuova Zelanda la vita dei vampiri che fa morire (dal ridere)
Su La Stampa, 28/11/2014, Torino Film Festival
di Francesca Rosso
Chi ha paura degli horror lo sa: a volte si ride per il terrore. In «What we do in the Shadows» in concorso al Tff (oggi alle 12 Reposi 2 e 19.30 Reposi 3, domani 11.15 Reposi 3) si ride. Da morire. Perché il film è divertente, imprevedibile, apparentemente sgangherato ma classico nella visione del mondo. Si ride a partire dall’idea: un mockumentary (da mock, «fare il verso» e documentary), un falso documentario sulla vita di un gruppo di vampiri che spesso guardano in camera, con perfetto stile televisivo, diretto e interpretato da Jemaine Clement e Taika Waititi, artisti e comici neozelandesi di grande successo.
Nessun castello in Transilvania ma una bella casa, polverosa e cigolante a Wellington. Viago (379 anni, Waititi), Deacon (183, Jonathan Brugh) e Vladislav (862, Clement) hanno i problemi di tutti i coinquilini umani: i turni per lavare i piatti macchiati di sangue, le tecniche per non sporcare troppo in casa quando si azzannano le vittime su collo, l’immondizia da portare fuori, i vicini che si lamentano.
La storia
Con loro vive anche l’ottomillenne Petyr, una specie di Nosferatu che però non esce più dalla bara ma che vampirizza il giovane hipster Nick. Vampiro senza esperienza, viene istruito dai più esperti in cambio di lezioni sulla modernità: musica, skype e ricerche in Internet. Un giorno Nick porta in casa Stu, un amico umano e il gruppo impara cosa vuol dure amicizia: rinunciare a mangiare, anche se lo si desidera, per non rinunciare alla sua presenza. Il ballo di fine anno con zombie e streghe è l’occasione non solo per vestirsi a festa (da vampiri è impossibile vedersi allo specchio, quindi bisogna aiutarsi con schizzi e disegni), ma anche per rincontrare vecchi amori finiti male o mai cominciati fra gelosie e rimpianti. I sentimenti sono roventi e passionali anche in cuori di ghiaccio e senza battito, e così difendere chi si ama dal gruppo degli eterni rivali, i lupi mannari, è la cosa più naturale che ci sia, come litigare e fare pace. Anche se si vola nel vuoto o ci si trasforma in pipistrelli. La realtà è tragica: è brutto morire o vedere morire ma bisogna anche «diffidare da chi vi dice che è bello essere vampiri: non posso stare al sole, non posso uscire, non posso mangiare cibi solidi come le mie adorate patatine», spiega Nick.
Gli interpreti
Straordinari trucco, costumi, scene e musica, eclettico mix di suoni neozelandesi, indiani, gitani, punk e folk da tutto il mondo. E grandiosa l’interpretazione degli attori. Il film è ispirato a un cortometraggio degli autori ma ci sono voluti otto anni per realizzare il lungo: copione, improvvisazione e 125 ore di riprese da trasformare, con un attento montaggio durato un anno, in 86 godibilissimi minuti. Persino per la proiezione stampa, terminata con un lunghissimo applauso. Da premio.