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India del Nord giorno 9: esplorando Leh, cuore del Ladakh

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India del Nord giorno 9: esplorando Leh, cuore del Ladakh

Lasciare Tso moriri è un po’ moriri. Parto felice. Piovono gocce di ghiaccio, fa freddissimo e il cielo è carico di oscure promesse. Speriamo che a Leh si stia meglio. Il viaggio è impegnativo, la strada è impervia, tutta curve e sterrati. Indosso tutto quello che ho ma non basta.

Le poche persone con cui ho parlato che sono state in Ladakh dicevano di avere avuto freddo di notte ma caldo di giorno, anche 30 gradi o comunque una temperatura perfetta per stare in maglietta. A me il freddo che non dà tregua strema il corpo. Lo so che dovrei accoglierlo aprendomi e invece mi si chiudono le spalle, mi rattrappisco, sto tutta compatta, le mani nelle tasche o in mezzo alle cosce, le gambe accavallate, la testa incassata giù. In più questi preziosi materiali tecnici sono fantastici da indossare un’ora o due mentre remi o fai sport ma tutto il giorno irritano e prudono e danno fastidio. Il cappuccio del pile soprattutto. Sto tutto il giorno dentro una specie di muta.

Arriviamo a Leh dove ci danno, oltre a una sciarpina bianca che troveremo in molti templi, una stanza splendida con vista montagne e molto spaziosa, con tre vetrate enormi. Solo che, avendo tante arie, è gelida. Miagolando e insistendo ci facciamo dare una meravigliosa stufetta. Leh è a 3.500 metri ed è il punto di partenza di molte esplorazioni delle valli del Ladakh. Si sta già meglio come naso e aria. Torneremo qui più giorni nel corso del viaggio. Una cosa bellissima di tutte le stanze che incontreremo d’ora in poi saranno i tappeti tibetani: anche nella forma più economica e semplice mostreranno il drago, la fenice e la perla dell’immortalità.

Intanto, sempre sotto la pioggia, andiamo a esplorare la città, il mercato dei rifugiati tibetani e il centro con una marea di locali, negozi che propongono mala, campane, oggetti in argento, maglioni, giacche a vento. Mi procuro subito 3 preziosi capi in lana fuori e pile dentro: il cappello con le orecchie, le moffole con le mezze dita e le babbucce. Le ultime le userò al posto delle infradito in albergo. Le prime due a momenti alterni ma la speranza è che siano soprattutto un amuleto contro il freddo, da portare con me e usare il meno possibile. Le bandierine passano da una parte all’altra della strada pedonale colorando la città che oggi ha un cielo grigio e minaccioso.

Nel frattempo ci sono inondazioni terribili nelle città che abbiamo appena lasciato: Manali è stata sciacquata via dalla pioggia e le strade sono inagibili. Ci sono persone bloccate e non si sa quando saranno ripristinati i collegamenti.