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Mindfulness e caldo: lo zen e l’arte di fare un respiro alla volta

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Mindfulness e caldo: lo zen e l’arte di fare un respiro alla volta

Fa caldo. D’estate capita, proprio come d’inverno fa freddo. C’è chi li patisce entrambi, chi solo uno dei due. Certo è che ci piace lamentarci: è sempre tutto troppo e amiamo drammatizzare “fa caldo da morire, si crepa, si schiatta”.

A me il caldo piace: sento le articolazioni sciogliersi e fare pace con gli scricchiolii, avverto la pelle umida e ascolto le gocce di sudore che scivolano sulla schiena. Quando occorre rallento e respiro. D’inverno invece mi irrigidisco e mi blocco con le spalle, le tirò sù e non mi apro a quello che accade.

Il caldo di adesso

Quando fa caldo, possiamo provare a stare col caldo. A meno di disturbi seri di salute o di problemi gravi, noi sani possiamo fare una cosa molto semplice. Dando per scontato che fa caldo, possiamo almeno non andare in avversione e non esprimere continui“non mi piace, non ce la faccio, aiuto”. Possiamo chiederci “Posso fare un respiro anche se fa caldo?” Se la risposta è sì, facciamo un bel respiro. Poi: “Posso fare un altro respiro?” e lo facciamo. E poi ancora. E ancora. E ancora. Uno per volta.

Il caldo passato e futuro

Quello che ci manda in crisi con il caldo non è affrontare un respiro per volta ma è proiettare sul caldo tutti i ricordi dei caldi passati: quella notte a Siviglia, quell’estate in cui c’erano i mondiali di calcio, quella volta che siamo andati a dormire in terrazzo, quella in cui siamo svenuti, quella in cui stavamo camminando all’Acropoli alle 2 senza acqua, quella notte in cui non abbiamo chiuso occhio e non c’era più un angolo di letto non sudato, quella in cui è mancata la luce in Africa e in India e non funzionavano le pale. E allora sì che diventa insopportabile: carichiamo il prossimo respiro di caldo con tutti i caldi del mondo. Anche quelli futuri: pensa stanotte, pensa domani, siamo solo a giugno, luglio è molto più caldo di solito, certo che il riscaldamento globale è feroce, moriremo tutti. E così sì che è dura.

L’esperienza e non le proiezioni

Se impariamo a stare col caldo un respiro alla volta non avremo fresco, suderemo e saremo spossati e dovremo fare un’altra doccia ma almeno staremo con l’esperienza e la vivremo nel corpo, così come si presenta, attimo per attimo, senza nutrire i ricordi e le paure di altri caldi che, in ogni caso, ci hanno permesso di arrivare vivi fin qui, senza “crepare, morire, schiattare”.

 

Condivido questa esperienza sul caldo come allenamento per imparare a vivere nello stesso modo la stagione fredda, ma per fortuna ora si suda.