Viaggio in Mongolia, giorno 17: fare il pieno di verde e azzurro
Comincia il viaggio di ritorno verso Ulan Baatar e poi casa. Sono le ultime ore per godersi il cielo azzurro con le nuvole bianche e il verde dei prati. Sono le ultime ore di spazi infiniti, aria, silenzio, animali che sbucano ovunque.
Il tempo scorre veloce mentre a ogni respiro cerco di immagazzinare azzurro, a ogni chilometro di strada che diventa via via più asfaltata e meno selvaggia una parte di me sente già la nostalgia della natura estrema, selvaggia, potente.
Manca già eppure è ancora qui. Forse è questa la Saudade, presenza nell’assenza come canta Gilerto Gil, quella nostalgia-struggimento che forse viene dal latino solitate, forse dall’arabo sawdā e che ha in sé un suono doloroso, pungente, antico. Forse è questa l’Heimweh, la nostalgia, il male di casa, due parole bellissime.
Sulla strada facciamo una bella passeggiata verso il vulcano Uran Togoo, l’erba all’interno è verdissima, sembra quasi fluo, intorno alberi e fiori, il rigoglio della natura dove c’era fuoco è sorprendente. Intenso è passeggiare intorno e scendere nel cuore del cratere. Lì sì che si sente la terra con tutta la sua forza: senza nostalgia, Saudade, Heimweh. Qui c’è natura e un senso forte di tutt’uno, di appartenenza a questo mondo.