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Mumbai: ogni giorno un’Odissea. I trasporti fra clacson, smog e folla

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Mumbai: ogni giorno un’Odissea. I trasporti fra clacson, smog e folla

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su unimondo, 13 gennaio 1214

Una gigantesca nuvola di smog, rumore assordante, ingorghi eterni, auto e moto in ogni direzione e rikshaw che sembra ti prendano di mira per poi svoltare all’ultimo minuto. Oltre a salti e sobbalzi su un manto stradale patchwork e aria assolutamente irrespirabile, satura di CO2 e particelle sottili che tanto sottili non sono. Muoversi per le strade di Mumbai è un’esperienza scioccante.
I suoi 17 milioni di abitanti si spostano ogni giorno per andare e lavorare o a scuola o per altre necessità. Al mattino il traffico scivola verso sud e la sera torna a nord in un intricato e confuso sistema stradale in cui tutti hanno fretta, tutti suonano il clacson continuamente e tutti rimangono ore intrappolati in strade a 3 corsie, con i semafori spesso poco rispettati e i pedoni che si buttano fra un’auto e l’altra.
I numeri sono impressionanti. Di tutti i mezzi il preferito dai mumbaikar è il treno: sono almeno 7 milioni a sceglierlo ogni giorno. Economico (con 10 rupie, poco più di un centesimo di euro), permette di attraversare la città evitando il traffico. Le carrozze sono strapiene, si viaggia con la porta aperta e le donne hanno le vagoni riservati a loro, prima e seconda, per non essere molestate o pigiate fra i maschi.
Spostandoci sulla strada si trovano i bus della rete BEST (Brihanmumbai Electric Supply and Transport) con ben 300 linee. Il biglietto costa a seconda della tratta (dalle 10 rupie in su). Sono molto frequenti, ma nonostante tutto, sempre strapieni. Per salire e scendere bisogna essere piuttosto atletici. Lo scalino è altissimo: 65 mm. ma “non possiamo abbassarlo per via delle pessime condizioni delle strade” fanno sapere dall’ufficio stampa. In più la pausa alle fermate è ridotta all’osso e a volte non c’è proprio, bisogna salire o scendere in corsa.
Poi ci sono 42.000 taxi gialli e neri, a volte auto scassatissime, spesso con volanti e interni rivestiti con ogni sorta di tessuto colorato, moquette, plastica, velluto. Il costo minimo è di 19 rupie per pochi minuti. Fuori dagli alberghi i tassisti provano a trattare mentre bisogna sempre chiedere che attivino il tassametro. E ancora ci sono gli autorickshaw (minimo 15 rupie), spesso chiamati solo rick, specie di apecar a tre ruote con tre posti dietro (ma spesso ci viaggiano il doppio delle persone), veloci e scattosi, si intrufolano fra un auto e l’altra solo nelle zone nord, nella parte a sud non sono ammessi. Sono circa 100.000 ma stanno velocemente aumentando.
Spesso gli autisti non hanno idea di quale sia la meta e accompagnano il turista o il mumbaita in gite per la città chiedendo indicazioni a negozianti e passanti.
A tutto questo si aggiungono i camion che trasportano merci, furgoni e furgoncini, auto private, moto e bici. Tutti nervosetti e pronti a farsi sentire con clacson. Su quasi ogni auto c’è scritto “Please, horn” (per favore suona). Le signore e le ragazze spesso indossano la dupatta, la stola, come mascherina e anche gli uomini usano spesso fazzoletti per proteggere le vie respiratorie. Poi tutti, di tanto in tanto fanno un gesto che nelle nostre culture è reputato non elegante, ma qui è perfettamente normale: scatarrano. Gli autisti di rickshaw si sporgono di lato, quelli di taxi e auto, aprono la portiera.
Quasi tutti hanno un Ganesh, la divinità con testa a forma di elefante che rimuove gli ostacoli, o un crocefisso o un qualche altro simbolo religioso sul cruscotto.
Il traffico continua anche di notte, senza sosta, solo con qualche cambio di velocità. Mumbai non si ferma mai: le fabbriche, l’industria del cinema, la vita brulica anche di notte e al mattino alle 5 c’è già gente che prega, pulisce, corre, si sposta cercando di crearsi un futuro migliore.
Difficile trovare soluzioni: il movimento della più grande megalopoli del mondo non finisce mai.
Francesca Rosso