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Smettere di procrastinare (che parola brutta!) per cominciare a respirare

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Smettere di procrastinare (che parola brutta!) per cominciare a respirare

 

Suona malissimo. E non solo per chi pizzica la r. Procrastinare è una delle parole più brutte della lingua italiana. “Pro” è avanti. “Cras” è domani. Rimandare.

A volte lo si fa per paura. Soprattutto con le cose dolorose. Si aspetta il momento in cui essere meno coinvolti, meno sanguinanti, meno vivi. E si rinvia. Ci si pensa poi. Invece di affrontare la cosa che ci turba creiamo muri alti e spessi di scuse, con mattoncini sempre più incastrati in modo da costruirci un nido perfetto. Nella sua disfunzionalità. E stiamo lì. Schiacciati. Senza cielo e senza futuro.

Con le cose piacevoli invece corriamo velocissimi senza neanche sentire i chilometri o la stanchezza nei piedi. Come quando siamo innamorati e facciamo cose inspiegabili per chi non lo è.

La parete viola

Ho rimandato uno svuotamento di casa con mille scuse: non dipende solo da me, e poi dove metto i libri, a chi li regalo, e le scarpe malconce e i regalini inutili e i ricordi e se poi e se poi e se poi. Ieri, finalmente, sono riuscita a smontare tutto e liberarmi di quello che non mi serviva. Avevo paura. Era lei a paralizzarmi. Non era solo pigrizia.

Poi mi sono fermata davanti alla mia parete viola vuota e ho sentito la meraviglia della spaziosità. E ho pensato “perché non l’hai fatto prima?”. Ho ammirato e respirato il viola che prima non vedevo. Ho sentito il vuoto come amico. Ho sentito l’odore della leggerezza e gli occhi e i pori erano pieni di spazio

 

Come lo yoga

Come quando fai yoga e metti spazio fra le vertebre e gli organi e allunghi e allarghi cuore e polmoni, schiena e gambe e ti senti bene. Senza costrizioni e compressioni. Libera e radiosa.

La mia parete tornava a respirare. E io insieme a lei. Eliminati gli accumuli e le tossine, aveva più aria tutta per lei.  Scrivo questo post per ricordarmene. La prossima volta che mi verrà la tentazione di procrastinare. Sei una parola troppo brutta. Non voglio usarti più. E voglio sentire l’aria fra la coda e i capelli, le dita dei piedi e il cuore.