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Piccolo reportage su una grande avventura e una bella serata

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Piccolo reportage su una grande avventura e una bella serata

Sono andata via da BGS, che nel frattempo era diventata Burnett- BGS ma che per me rimane BGS come i nonni chiamano STIPEL la TELECOM, a fine aprile del 2004. C’ero entrata nel 1998.

Sono stati anni incredibili, in cui è cambiato il mondo: espansione, contrazione, 11 settembre, grande creatività e routine per galleggiare.

All’epoca l’età media era 32 anni. Ogni sera c’era un aperitivo, una cena, una festa, un amore che esplodeva, un’amicizia che si consolidava. Ogni sera prima di uscire chiedevi chi aveva bisogno di aiuto e ti fermavi con lui o lei. Ogni sera gli altri lo facevano per te. Insieme. Senza rubarsi mai le penne.

 

C’era una volta

Non è la luce della nostalgia che rende tutto soffuso di meraviglia. Ci divertivamo proprio. Avevo spesso la sensazione di fare il lavoro che avrei fatto anche senza stipendio. Imparavo ogni giorno qualcosa. Assorbire uno stile, un gusto, un modo di pensare.

C’era voglia di divertirsi. Sempre. C’era un sabaudo senso dell’understatement, garbo, leggerezza, ironia, eleganza. Serietà senza seriosità.

C’era il tempo per imparare. C’era qualcuno che aveva pochi mesi di esperienza più di te che leggeva i tuoi naming, commentava le tue headline, guardava le proposte prima di condividerle con un direttore creativo. Ti portava a incidere un radio, ti guidava e la volta dopo andavi da sola. Dopo sei mesi eri tu a fare lo stesso con qualcuno più giovane.

 

Il viaggio

Era come il vagone di un treno: qualcuno saliva e qualcuno scendeva ma si andava tutti nella stessa direzione. Curiosi di conoscersi e di godersi il paesaggio che cambiava. Adesso siamo tutti chini sui nostri smart e tablet che alterano il senso di vicino-lontano, soli-insieme.

Qualche giorno fa c’è stata una festa bellissima. Si capiva già da fuori: tutti sorridevano ed erano contenti di rivedersi.

Poi dentro. Pizze a sforno continuo e birre. Non tavoli fissi che ci avrebbero costretto a parlare solo con i vicini. Perché tutti volevamo parlare con tutti, sapere le storie, i matrimoni, le separazioni, i figli, i sogni, i progetti. Ci siamo sentiti a casa.

 

Ridere e sorridere

Ho visto solo gente sorridere e ridere tutta la sera. Non ho sentito nostalgia ma solo gratitudine e felicità. Non ho dubbi. Abbiamo vissuto un’avventura unica. Irripetibile.

 

Le facce dietro le facce

La cosa più divertente per me che ho lavorato con tanti art diversi era vedere le facce di come erano le persone qualche anno fa (ma siamo invecchiati tutti poco e benissimo) dietro le facce di oggi e dietro ancora i lavori fatti insieme.

Ho rivisto un quiz sulle vertebre delle giraffe, un ornitorinco su non so più quale auto, un carrellista dentro un carrello, un mulettista sopra un mulo, un polpo su un parabrezza, fantasmi, mostri e draghi che parlavano, cotton fioc incendiati, re magi immaginari, tatuaggi improbabili, collane di palme, case sugli alberi e altre cose folli. Grazie a tutti.