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Dark Shadows: Johnny Depp e Tim Burton, il richiamo del sangue

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Dark Shadows: Johnny Depp e Tim Burton, il richiamo del sangue

Il pallore di Willy Wonka, le mani allungate e armate di Edward mani di forbice, l’eleganza dandy e d’altri tempi del Cappellaio matto. Così si presenta Barnabas Collins, interpretato da Johnny Depp, in Dark Shadows di Tim Burton.
Il viaggio del regista fra gli esclusi dall’aspetto mostruoso e dal cuore tenero e, a volte dal cuore mostruoso e dall’aspetto tenero, continua. A ogni film sembra accogliere i precedenti e arricchirli di nuova linfa, sangue in questo caso: alla ricerca di una famiglia a cui appartenere, di una casa in cui sentirsi amati, di un cuore a cui legarsi. Senza poter scappare dalla propria natura, spesso crudele. E non per scelta.
Dark Shadows è una serie tv di moda dal 1966 al 1971 proposta sul grande schermo dal regista visionario che coglie l’occasione per accompagnarci nella sua cinematografia e, come sempre, nella nostra anima. E lo fa in modo divertente, magico, catturandoci nel suo mondo di visioni incantate.

Barnabas è vittima di un maleficio della strega Angelique (Eva Green) che, dopo aver aver ucciso i suoi genitori e indotto al suicidio l’amata Josette (Bella Heatcote), l’ha reso vampiro nel 1700 perché innamorata non corrisposta, piomba nel maniero dove viveva nel Maine fra le nebbie di Sweeney Todd, l’atmosfera di Sleepy Hollow e l’ironia irresistibile di Mars Attacks!.
Siamo nel 1972. La prima cosa che vede appena uscito dalla bara è la M di…Mefistofele, già, ai suoi tempi la M gialla di una nota catena di fast food non c’era.
Nella casa decadente e polverosa come quella di Viale del Tramonto trova i suoi parenti Elizabeth Collins (Michele Pfeiffer), il fratello Roger (Jonny Lee Miller), incapace di comportarsi da padre, la teenager lolitesca e ribelle Carolyn (Chloe Grace Moretz), il nipote David (Gulliver McGrath) non voluto, problematico e amante dei fantasmi perché la mamma è sepolta in mare e torna a trovarlo spesso e la psichiatra di famiglia, alcolista e terrorizzata dall’idea di invecchiare (Helena Bonham Carter), la dolce Victoria (Bella Heatcote), istitutrice di David e reincarnazione di Josette.
Anche la magniloquente musica di Danny Elfman sembra riprendere un discorso interrotto sugli orfani e bambini abbandonati.
Barnabas è un vampiro disadattato, fuori posto in questo mondo, ha un cuore innamorato ma deve uccidere ogni tanto per vivere (anche gruppi di figli dei fiori sballati) e vuole riconquistare l’azienda ittica di famiglia insidiata dalla Angie Bay dalla strega Angelique.
La bellezza estetica delle immagini burtoniane non è mai stata così splendente, con scenografie, colori e ambientazioni curatissime (dall’allegro chirurgo alla lampada Matmos, dalle moquette caramellose ai tessuti optical, fino al gustoso cameo della rock star Alice Cooper), eppure nulla è patinato. Nel castello incantato che assomiglia a quelli delle giostre ci sono specchi, statue che diventano mostri, passaggi segreti, tesori, fantasmi, vampiri addormentati a testa in giù e negli armadi che sorprendono e fanno sorridere. La paura si libera in una risata, l’amore è una forza nobile ma a volte cieca e distruttiva.
Costretti a vivere per sempre assistendo alla morte di chi amano, la strega e il vampiro sembrerebbero destinati a stare insieme ma l’amore spinge a trovare altre soluzioni, sempre maledette ma alternative. Il duello finale è esplosivo, scorrono fiumi di vomito verdastro alla Mars Attacks, le bambole si rompono, i sogni si infrangono come gli immensi lampadari di cristallo. Le vera natura irrompe: i lupi mannari si svelano, l’istinto di sopravvivenza invade la scena, il bisogno di proteggere i cuccioli travolge con tutta la sua forza. È il richiamo del sangue. La famiglia è una cosa strana, ma quando è in gioco la vita salta ogni incomprensione, prevale l’istinto animale. È troppo tardi per donare un cuore vuoto. Solo chi ama si salva.