Ho camminato sul fuoco: si può fare!
Ho la fortuna di incontrare persone e raccontare cose che mi piacciono per lavoro. Sono molto grata per questo. Soprattutto quando la mia curiosità e la mia passione mi permettono di fare esperienze.
Quella che sto per raccontarvi è un’esperienza forte e bellissima.
La Stampa
La Stampa mi ha chiesto di scrivere un pezzo sugli sciamani a Torino perché c’era un evento su facebook con tanti iscritti. Dovevo cercare almeno altre 3 storie di eventi sciamanici in città. Il primo era Mauro Villone, autore dell’evento che portava un brasiliano, Carlos Sauer, in città. Per gli altri due, ho subito chiesto aiuto a Carla Forno, insegnante di Theta Healing e amica. Sentivo che era la persona giusta. Mi ha indicato due persone: Maria Squillace e Stefano Senni.
Con Stefano ci siamo scritti perché era in viaggio e mi ha dato definizioni bellissime dello sciamanesimo. Verrà presto a Torino. Con Maria è scattata subito una sorta di sorellanza. Ho letto due cose sul sito firewalkingitalia ma voglio sapere il meno possibile. Mi ha invitata a una domenica, il giorno in cui è uscito l’articolo, a Reano da Ivan di Immaginario: un posto bellissimo.
C’era lei, c’era Carla e una ventina di persone. Fra cui Laura che mi ha dato un passaggio con la sua famiglia accogliente e vivace.
Respirare
Al mattino abbiamo fatto respiro sciamanico: una tecnica che usa la respirazione diaframmatica e si fa a bocca aperta da sdraiati.
Per tutto il giorno mi sono sentita guidata. Ho sentito che potevo affidarmi a Maria e a Carla e che ero in buone mani. Potevo sperimentare la fiducia. E soprattutto che non avevo bisogno di capire, di dare cibo a quell’onnivora trituratrice che è la mente ma che potevo fluire con il tempo e la natura, potevo essere viva, in ogni cellula, come le foglie, l’acqua, l’erba, il vento. E il fuoco.
Il fuoco
Nel pomeriggio abbiamo preparato la cerimonia del fuoco. Abbiamo lavorato sulle nostre paure. Perché il fuoco fa paura a tutti. Abbiamo visualizzato i nostri obiettivi. Abbiamo parlato delle nostre paure con una persona del gruppo e abbiamo colto le sue. Le abbiamo scritte su un foglio che poi abbiamo messo nel fuoco.
Soprattutto abbiamo vissuto con intensità e intenzione ogni istante. Maria ci diceva “Non è obbligatorio camminare sui carboni ardenti. Non ci pensate ora”. Ma io ci pensavo. Era da tanto tempo che volevo farlo e ora capitava qui, nel modo più naturale e semplice possibile.
Abbiamo costruito il fuoco tutti insieme, passandoci ogni pezzo di legno, piccoli e grandi, in una lunga fila di persone. Abbiamo assaporato la consistenza e la rugosità delle venature, i pezzi di tronco spezzati e i rametti fragili, sentito il profumo della corteccia. Ecco un cubo di legna accatastata con precisione e amore. Abbiamo scritto e disegnato. Acceso e cantato. Danzato e sentito la connessione con la natura e con tutto ciò che è.
Ci siamo allontanati dal fuoco perché era rovente. Ci siamo avvicinati per buttare una manciata di erbe. Lo abbiamo guardato finché gli occhi non bruciavano. Ogni tanto mi veniva da pregarlo. Che cosa ancestrale, il fuoco.
La freccia
Poi abbiamo spezzato una freccia con il collo. Sì, qui ho avuto una paura diversa di quella del fuoco perché era una cosa improvvisa e non me la aspettavo. Ma come? Sono ore che mi preparo a camminare sul fuoco, e ora mi fate fare una cosa che fa più paura ancora? La punta nell’incavo del collo, nella parte morbida e la coda sul legno, tenuto da Maria. Tre respiri e via, spostare in avanti il corpo pensando all’obiettivo e vedendolo realizzato, non alla freccia. Essere oltre. Et voilà la freccia si sbriciola. Fa impressione. Il gruppo intorno, il cerchio, le mani, il fuoco vicino. E la certezza che ce la fai. Non che ce la puoi fare, che ha dentro l’alibi. Proprio che ce la fai. E lo fai. A’ho. Così è. A’ho. Come dicono i nativi.
La camminata sul fuoco
E poi il fuoco si consuma. Ci dà una mano anche la pioggia che viene a trovarci. Ma i carboni sono rossi e neri e grigi, evaporano fumo ma sono accesi. Ci vuole più di qualche goccia d’acqua a spegnere un fuoco acceso da ore.
Improvvisamente fa freddo e l’acqua aumenta. Dobbiamo sbrigarci a camminare sul fuoco. Non penso a nulla. Solo ad andare oltre. La prima volta passo alla velocità della luce perché ho paura. Poi lo rifaccio. Tutti lo rifacciamo. Uno dietro l’altro. Non si sente nulla. Brucia di più la sabbia d’estate. Brucia di più la rabbia che hai dentro. Questo è un caldo diverso: un caldo che viene da lontano, dalle viscere della terra, dal passato, dai nostri avi, dalle nostre memorie. E si fa. Semplicemente si fa. Fatto. A’ho.
Ora la pioggia può diventare torrenziale. E noi tutti partiamo con negli occhi e nel cuore la semplicità viva del fuoco, la creatività, la scintilla che crea e distrugge.
Nei giorni dopo il mio corpo rilascia scorie scure del passato. I simboli sono potenti. Come non fa differenza fra passato, presente e futuro, il nostro inconscio vive i simboli come reali e il reale come simbolo. Mi sento purificata. E forte. L’ho fatto.
Fatelo!
Grazie Maria. Grazie Carla. Grazie tutti.