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Polpette e relazioni 2: affari, affetti, case, figli, animali, amici in poltiglia

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Polpette e relazioni 2: affari, affetti, case, figli, animali, amici in poltiglia

Ieri ho raccontato la teoria della polpetta con tutti i rischi delle cose mescolate, inestricabili e indistinguibili. Ho dimenticato la cosa più importante e dolorosa. Quando c’è la polpetta relazionale sapori, gusti e spezie sono ben amalgamati. Così bene che molto spesso si resta appolpettati con la gestione della casa nel senso di muri, mutui, mobili e tutto il materiale vivo che la casa contiene: figli, animali, famiglia allargata.

Il guscio rotto

Per questo le separazioni durano una vita e spesso sono dolorose: oltre al lutto con il vivo c’è la polpetta che rende tutto indivisibile c’è anche l’attaccamento a quella fase della vita che è finita. A volte ci dispiace così tanto che rimaniamo attaccati come le scimmie che mettono la mano nella noce di cocco per prendere la banana posta come esca. Il polso non passa più. Basterebbe lasciare andare, ma piuttosto che mollare la presa e ci lasciamo tormentare dall’altro ma ancor più dai nostri giudizi, aspettative e teorie ormai smentite.

Siamo arrabbiati e ce la prendiamo con soldi, affitti e mantenimenti perché sono quantificabili, mentre le cose del cuore non hanno misura. Come possiamo stare con il fatto che siamo delusi dal passato? Da vittime e carnefici insieme si è appolpetatto tutto mentendo, tradendo, non nutrendo la storia, non coltivando, non mettendoci cura, presenza e amore.

Come dividere figli, affetti, famiglie, animali, esperienze?

Il polpettone lavorativo

A volte il guscio si rompe facile. La casa resta a chi ce l’aveva prima, l’affitto si divide ma il dramma è la mescolanza del rapporto di lavoro: un’attività insieme, un progetto, un rapporto di dipendenza che può diventare materiale di ricatto o manipolazione. Il rischio è sempre: visto che sto male io perché non stai un po’ male anche tu? Shadenfreude si chiama in tedesco. La gioia per la disgrazia altrui. Un po’ mal comune mezzo gaudio. Orrore.

Perché non proviamo a essere migliori e a stare bene? Perché non riusciamo a essere grati, ringraziarci per cosa ci siamo insegnati e dati nel periodo felice e prendiamo atto che non funzionava? Perché non accogliamo le onde della nostalgia che arrivano quando vogliono ma se ne vanno anche? Perché pensiamo che sia colpa dell’altro che non era il principe azzurro e della favola che non finisce con “e vissero felici e contenti”?

La vita ci sorprende sempre, basta mollare quella banana nel cocco.