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Presenza: la z che mi piace.

cactus

Presenza: la z che mi piace.

Non so se #andràtuttobene.

Emergenza. Ci vuole distanza. Attenzione. Polizia. Ordinanza.

E poi ci sono le mie spreferite, con la s davanti. Speranza. Pazienza. Perseveranza.

Ci sono troppe z in queste parole. Sono ruvide, spinose, ispide. Danno in pasto alla mente affamata qualcosa da mordere, qualche idea di progetto o di futuro o di normalità.

 

Non sappiamo come andrà e poco importa che sensazioni abbiamo al momento. Le emozioni si alternano in fretta: tristezza, rabbia, paura, apatia. A ondate. Quello che non manca quasi mai è la confusione: una nube che avvolge tutto di una patina protettiva. A volte profuma di alcool, a volte di polvere, a volte di mascherina (le mie hanno un odore plasticoso pessimo).

In ogni caso andrà come andrà. Quello che sappiamo è che tutto cambia in fretta, più di quanto ci hanno insegnato i libri e i film. Possiamo adattarci anche se è difficile, dobbiamo farlo perché è il più adatto che sopravvive, non il più veloce o il più furbo. Dobbiamo aprire nuove finestre sul mondo. Del lavoro, delle relazioni, dell’essere.

 

Non mi piace #andràtuttobene. Non per scaramanzia (che ha la z). Non mi piace perché spinge il problema più in là in un altrove che non è qui, adesso. Deresponsabilizza (di nuovo le z) dall’arredare il tempo e le energie del momento per fare qualcosa. Subito. Di bello, di utile, di piccolo, di artistico. Stare, essere, ascoltare, rallentare, cominciare, danzare. La pigrizia non aiuta (e poi ha la z) ma serve coltivare, allenare, offrire il meglio di quel briciolo che abbiamo da condividere. Ognuno a modo suo. Solo così, la presenza ha un senso. E la z diventa luminosa. E la z diventa luminosa.