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Barefoof Acupunturists: l’agopuntura per curare i più poveri a Mumbai

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Barefoof Acupunturists: l’agopuntura per curare i più poveri a Mumbai

http://www.lastampa.it/2014/01/04/esteri/aghi-contro-la-povert-jMfpTl3C5jASEXamB26tIP/pagina.html

“Ti perderai e ti verrò a prendere davanti alla Cardinal Gracias High School”. Me l’aveva detto al telefono con aria un po’ seduttiva e un po’ di sfida. Aveva ragione lui. Dopo 15 minuti di giri intorno alla scuola in rikshaw, mi sono arresa e l’ho chiamato. Walter Fisher ha riso e mi è venuto incontro. Camicia maniche corte e pantaloni bianchi, scarpe tipo sabot, è un agopuntore belga che ha dato vita a “Barefoot Acupunturists”, un’organizzazione no-profit che cura con i principi della medicina cinese i più poveri fra i poveri negli slum di Mumbai.

“Dovevi chiedere needlebala, bala è ’chi fa’ e ci chiamano così: quelli che fanno gli aghi”.
Entriamo nella clinica, alle porte dello slum. L’odore è di moxa, il bastoncino di artemisia che si usa per i trattamenti. Ci sono 4 piccole stanzette una dopo l’altra: una sala d’attesa con 5 persone e il boccione dell’acqua, una stanza con 3 lettini e altrettanti pazienti con aghi sulla pancia o sulla schiena, una con 2 lettini e infine una specie di ripostiglio-ufficio, un bagno. Walter mi presenta tutti: giovani indiani sorridenti e una volontaria peruviana. È un fiume in piena di orgoglio e di entusiasmo: “Abbiamo aperto a gennaio 2008, in una stanzina microscopica con 2 lettini e senza acqua e senza bagno, e adesso abbiamo 5 cliniche, anzi diciamo 4 perché 2 non funzionano tutti i giorni. Qui a Bandra siamo aperti tutte le mattine e trattiamo 20-30 pazienti, a Dharavi che è lo slum più grande dell’Asia (Quello di Slumdog Millionnaire) apriamo 3 mattine a settimana per una cinquantina di pazienti. Per il momento non possiamo aprire di più perché non ho abbastanza agopuntori”.

Curate solo le persone degli slum?
“È il motivo per cui siamo qui ma curiamo anche gli altri, che ovviamente pagano di più. Alle persone povere chiediamo 20 rupie (25 centesimi di euro), chi può ci dà di più, chi non può non paga. Abbiamo anche trattato completamente gratis ma non funziona, le persone danno meno valore alle cose gratuite. Di solito il sabato apriamo agli occidentali e ai benestanti che pagano 1000 (12 euro) rupie a seduta. Questo ci permette di lavorare per un po’ ma dobbiamo trovare nuove fonti di sostentamento più continuative e affidabili”.

E come vi finanziate?
“L’obiettivo è rendere queste cliniche autosufficienti e interamente gestite da persone indiane. Io mi occupo di trovare denaro, una cosa orribile”. Il tono si fa decisamente greve e lo sguardo di Walter preoccupato: “In Europa il fundraising funziona, in India è difficile. La filosofia qui è che le cose sono come sono e le persone sono come sono e questo ha un suo ordine”.

Quali sono i più problemi più frequenti?
“All’85% curiamo dolori e questo per tre motivi: per prima cosa le persone non trovano beneficio con la medicina allopatica; secondo l’agopuntura offre benefici riconosciuti in questo campo; e terzo, le persone degli slum fanno lavori fisici molto impegnativi e usuranti. Portano pesi sulla testa o sulla schiena e fanno lavori massacranti semplicemente per pagare l’affitto, la scuola, il cibo. Per sopravvivere. Quindi hanno problemi di cervicale o di lombari o alle articolazioni. L’agopuntura li aiuta molto e quindi tornano da noi. Poi, tramite passaparola, ci mandano altre persone. Molti non possono permettersi un’operazione che li costringerebbe a non lavorare per un periodo con ricadute tragiche: se non hanno denaro per pagare l’affitto, vengono sbattuti fuori dallo slum”.

Walter mi chiede se voglio fare un giro a vedere l’ufficio. Andiamo. Una stanzina tutta vetri sulla strada e con sopra l’insegna di un bus: “Non l’abbiamo ancora cambiata”.
Mi offre un tè al ginger. Mi presenta la ragazza che lavora all’amministrazione.
Walter è entusiasta del suo progetto, un visionario, ma anche molto concreto: “lo sogno, lo mangio, lo vivo Barefoot Acupunturists, non potrei tornare in Belgio a fare il medico”. Immagina un futuro di globalizzazione virtuosa, un progetto ambizioso capace di cambiare la vita ai più poveri.
“L’agopuntura cura i problemi di salute – spiega – ma soprattutto può curare la povertà. Un pacco di aghi non costa quasi nulla e può salvare il mondo. Questo non lo dico io. L’agopuntura è patrimonio dell’umanità. Quando ho cominciato non lo sapevo. Poi mi sono accorto che portiamo benessere, a volte cambiamo delle vite miserabili in vite dignitose semplicemente mettendo agli nel posto giusto. Poi diamo anche semplici consigli di alimentazione: aggiungere aglio, curcuma e zenzero, potenti antinfiammatori, ai piatti”.

Quali sono i prossimi obiettivi?
“La raccolta fondo fa troppo a rilento e anche la formazione degli agopuntori. Per questo sto pensando a lanciare un international mobile training center, con formazioni specifiche su alcune patologie.
Questo potrebbe funzionare per le ONG ma anche per organizzazioni come la WHO (World, Health Organization, Organizzazione Mondiale della Sanità) o i campi di rifugiati delle Nazioni Unite o la Croce Rossa Internazionale e potrebbe essere allestit rapidamente e gestito da realtà locali”.

Quanto dura un training?
“Stiamo preparando un protocollo con medici cinesi e indiani che curi solo alcune patologie, una trentina. Normalmente le scuole durano almeno 5 anni. Ma noi ci concentriamo solo su alcuni dolori e malattie che sono nella lista della WHO”.

Qual è l’atteggiamento verso l’agopuntura in India?
“L’agopuntura funziona in Europa e in America e la gente è disposta a pagare molto per curarsi ma qui in India ha anche una funzione sociale”.

A proposito di diffusione dell’agopuntura, le tecnologie possono aiutare?
“Ho contatti con un’associazione che fa applicazioni per iphone. Vorrei creare una Barefoot Acupuntustis app mettendo il manuale che stiamo preparando a disposizione e creando una rete che colleghi tutti quelli che fanno agopuntura. In questo modo possiamo aiutarci, supportarci e imparare gli uni dagli altri.
Sono stato in un campo rifugiati in Uganda gestito dalle Nazioni Uniti e ho visto quanto può fare l’agopuntura per persone con traumi psicologici così forti, persone che hanno perso la casa e sono state private della loro cultura e del loro ambiente. Sviluppando l’app possiamo raggiungere milioni di persone senza cercare chi ti offra uno spazio per aprire una clinica ma possiamo concentrarci su un funzionale ’train and treat’, ’impara e tratta’”.

“Vuoi vedere lo slum?” mi chiede. Va bene, andiamo. Pavimento dissestato, casette piccolissime tutte storte ma curate, topi più grandi dei gatti nel canale di scolo, tutti gli uomini radunati perché deve essere appena morto qualcuno, porticine di lamiera aperte su cucine superaffollate, bambini sorridenti ovunque, igiene sommario, odori assortiti. “Cosa è questo?” mi chiede? “Mucca” rispondo. Giriamo l’angolo e infatti c’è una stalla. Sopra una specie di soppalco con persone che mangiano”. Torniamo in clinica. Qui l’odore di moxa e di pulito permette ai miei polmoni di ricevere aria salubre, prima di immergermi nello smog feroce delle strade.
Chissà se l’agopuntura aiuta a respirare meglio.

http://barefootacupuncturists.com