Top

Nostalgindia. Mi manca la musica delle parole. E non solo.

LoveisblindIndia

Nostalgindia. Mi manca la musica delle parole. E non solo.

Da Bollywood Party, La Stampa, 30 aprile 2014
http://live.lastampa.it/Event/Bollywood_Party/114644533

“Mi mancano i tuoi post dall’India” mi ha detto ieri Ilaria, amica sensibile, brillante e promettentissima terapista ayurvedica. Le ho sottoposto il mio collo e la mia schiena, incriccati in modo feroce da qualche giorno. Un coltello piantato sotto la scapola sinistra che passa attraverso il cuore e fa male anche solo a respirare. Con il suo olio bollente, la magia delle sue mani e la complicità che mentre tocca i tuoi muscoli contratti ti legge l’anima, ho capito quale è il mio problema: la nostalgIndia.
Appena tornata, un mese fa, scherzavo sul mio disadattamento. Ora non scherzo più, sono decisamente in difficoltà. Provo a dire perché. Semplice: in India sentivo la musica delle mie parole mentre le scrivevo. Qui no.

Anestesia
Qui mi sento anestetizzata, bloccata, paralizzata. Il freddo del cambio di stagione in casa umida non aiuta, soprattutto se si è saltato a piè pari l’inverno. Il cielo grigio mi appesantisce. I colori ovattati, i profumi sfumati, le sensazioni annebbiate. Tutto è meno potente, anche il mio sentire e il mio scrivere: è come se facessi più fatica. Mi sento in un bozzolo che anziché rassicurarmi mi toglie stimoli e mi sembra una bacinella nella quale rimbalzo da una parete all’altra: plastica verde, giro, plastica verde, giro, plastica verde, giro, etcetc… e qui è portici, case, montagne. Tutto mi rimbalza addosso. E poi piccole guerre, grandi invidie, orticelli ben coltivati intorno alla Mole. Dovrei starci bene perché ci sono nata, eppure non ci riesco.

Macigno dottorato
E poi la tesi di dottorato: finora è stata una magnifica esperienza: un anno a Roma, 4 mesi in India, esami, incontri, letture, interviste. Ora è schedature e scrittura. E che scrittura, l’accademichese, non certo la lingua viva e libera che ho trovato così facilmente in India, nei miei post mai riletti. La lingua da tesi rimbalza sulle pareti bianche del file di word. “Come” “sostiene” “la teoria” “dei cultural studies”.
Ed ecco allora cosa è questo collo: un pessimo mediatore fra testa e cuore. La testa dice “tieni duro, fai il dottorato”, il cuore dice “molla tutto, viaggia e scrivi e racconta il mondo come hai fatto in India”, la testa dice “non puoi buttare via questo investimento, sforzati di essere scientifica”, il cuore dice “non potrò mai più scrivere testi con citazioni di citazioni, ma solo le esperienze, gli incontri, i viaggi, le emozioni.Se puoi aiutami, testa, a trovare un modo per mantenerti in questa condizione di reporter, blogger, animale nomade”, la testa risponde “non ci sono soldi, sono tutti in crisi. Chi ti paga per fare quello che vorresti? Stai qui seduta, leggi, confronta, controlla, vedrai che ti abitui”, il cuore dice: “abitui? Io non voglio abituarmi a nulla. E poi se scrivi in accademiche io non mi emozionerò più e non ti permetterò più di scrivere con l’immediatezza vitale che hai scoperto in India”.

Crisi
E quindi pianti, crisi, fatica. Tanta fatica. E collo che non sa dove girarsi (e nel dubbio si è bloccato, così è libero dal dover scegliere).
Oggi una dei miei 3 relatori di tesi, MPaola, mi ha capita quanto Ilaria mi ha sentita. Secondo lei la mia schizofrenia, ovvero il fatto che in me ci siano una giornalista, una blogger, una danzatrice e una ricercatrice è la mia forza. Come se avessi fatto ricerca sul campo con 4 questionari e 4 metodi diversi. Ha ragione, Bellissimo. Ma come faccio a metterle insieme? Come faccio a mettermi insieme?