Il mondo si divide in due: chi ha fatto l’Erasmus e chi no. 1
Ci sono cose che fanno parte di noi e alle quali pensiamo, quasi senza accorgercene, ogni giorno: persone, ricordi, viaggi. L’Erasmus è una di queste. Un’esperienza che stabilisce un prima e un dopo e che rimane sempre con noi.
Quando ho fatto l’Erasmus io, non c’era internet. Incredibile. Era la fine del 1993. Avevo finito tutti gli esami e dovevo scrivere la tesi. Avevo deciso che sarebbe stata su “Die Klage der Kaiserin”, “Il lamento dell’imperatrice”, il film girato da Pina Bausch nel 1989. All’epoca studiavo danza contemporanea.
Mi ero innamorata del film e avevo capito che volevo occuparmi di cinema e danza. Il professor Gianni Rondolino, mio relatore di tesi, si era appassionato all’idea.
Dopo aver visto il film e seguito un convegno a Torino sulla grande coreografa, avevo deciso di imparare il tedesco facendo un corso intensivo al Goethe Institut: 6 ore la settimana condensate in 2 mattine. E poi l’ultimo giorno utile per fare domanda Erasmus, avevo scoperto che Lingue proponeva delle borse di studio a Essen, nella Ruhr, a un’ora di treno da Wuppertal. dove avrei incontrato la musa del Tantheater.
La lettera a Brigitte
Era l’ultimo giorno. Non c’era tempo da perdere. Ho letto una riga sì e 2 no, come faccio sempre quando sono di corsa, sui documenti necessari per la domanda: esami dati, certificati, media e lettera nella lingua del Paese ospitante.
Ho preso la lettera scritta il giorno prima per il Goethe. Cominciava con “Liebe Brigitte”, cara Brigitte, e raccontava di viaggi, di mare, di tuffi e sole. E di parenti improbabili in vacanza in Italia.
L’ho messa insieme ai documenti e portata in segreteria, giusto pochi minuti prima che chiudesse.
Poi sono tornata a casa e ho letto con calma le righe che avevo omesso: “lettera motivazionale”. Scheisse! La mia era una cartolina delle vacanze.
Ho avuto una di quelle idee che si hanno solo quando si è un po’ disperati e un po’ incoscienti. Ho indossato la mia miglior faccia tosta e sono andata in segreteria, che era chiusa, piagnucolando perché la lettera che avevo inserito nella documentazione per errore era stata confusa con un’altra.
Non ricordo come, e ripensandoci ora, forse è avvenuto tutto solo nella mia testa, ma qualcuno mi ha permesso di sostituire la lettera nella mia domanda. La nuova lettera diceva, malissimo perché il mio tedesco era molto approssimativo, che volevo conoscere Pina Bausch e il suo lavoro e Essen era il posto più vicino.
Adesso sono passati troppi anni perché qualcuno mi contesti e invalidi la mia documentazione e quindi posso confessare. E grazie a Brigitte è cominciata un’avventura bellissima.
To be continued…