Una settimana speciale di danza a Tuscania. Grazie
Ho ricevuto un dono bellissimo. La scorsa settimana ho partecipato a un seminario intensivo del progetto “Costruire un corpo che danza” a Tuscania organizzato dall’associazione Vera Stasi da Silvana Barbarini.
Titolo: “La danza in tutti i suoi aspetti – incontrare Françoise e Dominique Dupuy” a cura di Paola Piccolo e Philippe Ducou.
Non sapevo nulla dei Dupuy ma Patrizia, la mia maestra di tango mi ha coinvolta in questo percorso vedendo le mie curiosità corporee extra-tanguere e io ho detto subito sì.
Riassumere il lavoro di una settimana intensa a più livelli è impossibile ma vorrei provare a fissare i punti che mi hanno colpita di più.
Le donne. Eravamo 10 partecipanti dai 25 ai 70, tutte donne, dalla Francia e dall’Italia. Cinque avevano già lavorato con i Dupuy, alcune proprio a Tuscania. Tre persone da Nizza con lo stesso nome, una da Parigi, una da Reggio Emilia, una da Napoli, due da Milano ma pronte a spiccare il volo in giro per il mondo. Tutte con tanta danza nel corpo, passato o presente nella danza, curiosità, voglia di mettersi in gioco e sperimentare. Man mano che passavano le ore siamo diventate un corpo solo con tanti occhi e tante braccia e gambe e cuori, un organismo vivente, vibrante e accogliente.
La presenza. Philippe e Paola ci hanno regalato una presenza attiva, costante e generosa e una dedizione di grande sostegno in ogni momento. Armoniosa la gestione delle pratiche con sempre uno dei due testimone del lavoro.
Il lavoro. Sentire e allineare il corpo, allungarlo rispettandolo e facendo amicizia con lui. Questo era di solito il lavoro del mattino seguito da diagonali di danza: camminate, corse, traversate. Abbiamo esplorato la terra, la relazione con lo spazio, le linee, le curve della schiena e non solo, il tempo, le relazioni, le pause, le sospensioni. Al pomeriggio abbiamo lavorato su progetti di scrittura, composizione e creazione, individuali, a coppie, in gruppo. Ascolto e presenza, scomposizione in atti, dialogo costante, peso, lasciare, sostenere.
Il corpo ringrazia: si è sentito rispettato, valorizzato, amato. Nessuna parte di lui fa male.
L’accoglienza. In nessun momento mi sono sentita giudicata o inadeguata ma sempre accolta e incoraggiata, anche nelle correzioni di piedi o mani o curve o altro. Ho sempre avuto la sensazione che l’errore sia parte della scoperta e che tutto sia possibile.
Il dialogo. Nulla era dogmatico ma tutto negoziabile e aperto, tutto possibile, nell’ascolto e nella morbidezza. Spesso col sorriso.
La condivisione. Ho condiviso la stanza con Patrizia e tanti momenti di dialogo, riflessioni, risate anche tagliando i pomodori e passeggiando verso il parco bellissimo con vista su un paesaggio che sembra un fondale teatrale. Le cose condivise hanno più valore ecco perché sto scrivendo queste parole.
Il mistero. Un lavoro così intenso fa sentire che siamo moltitudini, non quei pochi o tanti chili di ossa, pelle e muscoli ma un immenso stratificarsi di materia ed energia che partono da lontano e proseguono altrove, tutte collegate, tutte in relazione. Arte, teatro, spiritualità: tutto è uno.
Cosa porto con me. Oltre ad alcune pratiche somatiche che collegano talloni e fontanella e seguono le catene muscolari liberando le articolazioni mi porto via che non bisogna aspettare di essere pronte per danzare ma danzare, studiare, insegnare, imparare, performare. Costruire una lezione o uno spettacolo ma anche un’insalata o una frase scritta o detta è danza, richiede la stessa qualità di presenza, tanti occhi in tutto il corpo, allenamento, dedizione e densità.
Gratitudine. Grazie a tutte, grazie a chi ha condotto, organizzato, reso tutto questo possibile. E grazie ancora Patrizia!




