Dance In-It a Bhubaneswar, giorno 3: appunti di coreografia
La mattinata vola fra le piccole cosa da fare in casa, ognuna è una piccola avventura: il bucato nel secchio, stendere nel retro della casa che non prende mai il sole e dove mutande e kurta ci mettono giorni ad asciugare. Però adoro stendere perché si vede, dalla grate dei balconi indiani anti-ingresso di pennuti e scimmie, un po’ di natura, di verde e soprattutto di palme. A me le palme allargano il cuore e anche i pori. Chissà perché in India la mia pelle e i miei capelli sono più belli? Acquisiscono una patina luminosa che non so se è dovuta all’acqua, all’aria, alla temperatura o al fatto che mi sento a casa. Già, una casa rumorosa, complicata, dove ce n’è sempre una. Ad esempio in questi giorni c’è la misteriosa cuoca Gina che cucina per la famiglia che abita la casa e affitta le stanze ma a volte, un po’ clandestinamente, anche per noi. Non capiamo mai come funziona, le lasciamo delle rupie per la spesa, lei compra pesce che noi non mangiamo e lascia squame e pentole e piatti nel lavandino per giorni. Farsi il tè nel colino che odora di pesce è devastante, così mi compro un colino che custodisco in camera. A volte invece Gina ci sorprende con piatti di riso, lenticchie, melanzane affumicate che sono una delizia. Non capiamo mai quando sì e quando no.
Ma parliamo di danza. Pratichiamo al Siddhi Mandap e poi andiamo da Ileana. Oggi cambia tutto: sta nascendo la coreografia. I passi degli scorsi giorni, le piccole sillabe, si uniscono in una frase. E poi un’altra. E un’altra ancora. Ileana sta creando, la sua concentrazione è altissima, come se fosse del tutto qui ma anche del tutto altrove, nel regno di quel che ancora non ha forma. Ci sistemiamo in due coppie per muoverci come pavoni che si incontrano e si guardano. Lucrezia rimane spaiata perché “piccola” e quindi si muove da dietro verso avanti con un movimento diverso dei piedi e della braccia a ruota di pavone, poi ci troviamo tutte in centro, la musica dice che la nostra yogini vive in alto e la mano sinistra va in quella direzione, poi la destra, poi andiamo a terra con un ginocchio e una gamba distesa inarcando la schiena e poi giriamo sulle ginocchia. Che male! Da fredda questo arco mi crea un dolore nella parte bassa della schiena e poi le ginocchia noooo. Scatta il momento in cui mi sento inadeguata e penso: che ci faccio qui? Poi però passa. Ileana mi rimprovera per un polso o un braccio. Improvvisamente mi sento catapultata nelle lezioni di danza classica di quando ero bambina: stesso senso di non-ce-la-farò-mai ma poi anche un saggio e-chissene-faccio-cosa-posso. Passo a comprare in farmacia due ginocchiere a fascia del dottor Gibaud color pancera della nonna per mettere un po’ di spessore fra me e le piastrelle. Mangiamo quinoa e verdure e una melanzana affumicata, cotta sul fuoco lasciata da Gina, in mezzo a una marea di piatti sporchi. E poi tulsi ginger e chiacchiere. Un altro giorno è andato.




