Dance In-It a Bhubaneswar, giorno 10: Hirapur, lasagne e Rahul Acharya
In viaggio con 64 dee
Un’altra giornata da 1000 ore che comincia all’alba con la vestizione in bianco, rosso e nero per andare al tempio Chausath Yogini di Hirapur, dove ci sono le 64 yogini tantriche, maestre di yoga, un po’ streghe, un po’ dee, splendide statue. Il posto è magico e ha un fascino potente e vibrante. Risale al IX secolo.
Un tempio a cielo aperto a forma circolare, in realtà più uterina, in cui bisogna abbassarsi per entrare e restare in una posizione inchinata per poterle vedere bene: hanno corpi di donna, sono in piedi, spesso con teste di animale e in compagnia dei loro veicoli, Sono combattenti, seduttive, belle e sembrano interpellarti direttamente. Ci accompagna in questo viaggio nell’arte e nel mistero Ileana, oltre agli immancabili Carlo e Petra.
C’è moltissima gente, è Makar Samkranti, il sole esce dal Sagittario ed entra nel Capricorno, una festa molto sentita in cui si esce, si cucina e si mangia fuori, si fanno cose.
Il natya mandap, lo spazio dedicato alla danza, è occupato da un gruppo di praticanti di buddhismo tibetano che cantano mantra e suonano. Su quel ritmo adattiamo la nostra danza, tutto è uno, tutto convive.
Dopo la visita e la danza mi prendo del tempo per passeggiare intorno al lago: l’acqua ha sempre un potere calmante e centrante, mi fa bene, mi prendo meno sul serio, mi sciolgo nel fluire di tutte le cose, meno ego e più mutamento.
Vedere danza, respirare danza
Andiamo da Art Vision dove quattro allieve di Ileana performano Dasha Mahāvidyā, le dieci dee dell’Induismo: la coreografia è intensa e potente e loro sono molto brave.
A pranzo andiamo con Ileana sulla sua auto da un suo amico che ha vissuto per anni a San Marino, parla italiano e cucina italiano: parmigiana di melanzane, lasagne e insalata che compone Ileana. Per noi che non mangiamo latticini c’è un’abbondantissima pasta con sugo rosso e funghi.
Dopo andiamo da Rahul Acharya, un grande danzatore Odissi, molto colto e molto consapevole della sua preparazione. Stiamo due ore, si comincia con la pooja, poi ci offre samosa e dolci. Risponde volentieri alle nostre domande, tantissime. Parliamo di evoluzione della tradizione, futuro dell’Odissi, testi, importanza di fare domande senza accettare acriticamente.
Io lo ascolto con attenzione ma il mio corpo cede ed entra in uno stato di torpore, non riesco proprio a tenere gli occhi aperti. Rahul se ne accorge e mi chiede se voglio sdraiarmi. Mi scuso e dico di no. Sarebbe stato divertente.
La fine è l’inizio
Torniamo a casa tardissimo. C’è una strana atmosfera. Domani due di noi partiranno: Stella per proseguire il suo viaggio al Nrityagram, centro di studio dell’Odissi a Bangalore; Cristiana per l’Italia; io ho ancora due giorni per godermi l’India senza impegni di lavoro ma col piacere di stare, vedere persone care, fare shopping con Lucrezia che rimarrà qui ancora una settimana e Antonietta che poi si trasferirà a Delhi per studiare ancora. Tanta intensità, tanta energia in movimento. La residenza artistica finisce, e in qualche modo, ora, tutto comincia.




