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Dance In-It a Bhubaneswar, giorno 1: accordare anime come strumenti

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Dance In-It a Bhubaneswar, giorno 1: accordare anime come strumenti

Oggi, 5 gennaio 2025, è il giorno in cui inizia la residenza artistica di Dance In-It. Siamo arrivate tutte: Lucrezia è qui da quasi un mese, Stella e Cristiana sono atterrate il 31 dicembre, il 2 gennaio le abbiamo raggiunte Antonietta ed io e sono arrivati anche Carlo e Petra che ci seguiranno in questo viaggio con telecamera e microfono e qualche chilo di attrezzatura tecnica per realizzare un documentario su Dance In-It. Ci sono tante aspettative e tante emozioni, che sempre in India esplodono in ventagli ampi e colorati e che ora si moltiplicano per 7, perché siamo 7 persone con progetti ed esigenze diverse e la democrazia è spesso un ideale difficile da applicare.

Questi primi giorni di assestamento sono stati abbastanza complessi: c’è il fuso, la stanchezza residua del viaggio, l’adattamento al clima (ottimo, caldo di giorno, fresco di notte), la lotta alle zanzare che ormai sembrano gradire ogni forma di repellente anche i più aggressivi, l’ambientarsi in casa (4 di noi sono a Palashpalli) imparando a rinunciare alla privacy e agli spazi, ci sono i suoni notturni che non mollano mai: treni, aerei (siamo vicino all’aeroporto), mute di cani con latrati lancinanti, scrosci di acque, scatarramenti, abluzioni, zanzare che si appostano sulla rete e attendono l’uscita di un piede o una mano.

Tre di noi invece sono a Siddhi Mandap, nella Old Town, a distanza ravvicinata da Art Vision, il centro di Ileana Citaristi che da oggi coreograferà per noi un brano originale. Per i tre l’adattamento è più duro: non c’è acqua calda, i bagni sono sporchi, non c’è la cucina e chi avrebbe dovuto provvedere ai pasti non esiste, ci sono le immancabili zanzare e aprire le finestre è impossibile ma i cottage sono molto carini e immersi nel verde. Diventeranno gli spogliatoi per cambiarci e mettere la sari prima di andare a lezione. Già la sari. Sono la più vecchia e la meno esperta in tutto: dalla danza a come indossare la sari (ma ho l’umiltà e il piacere di farmi aiutare da tutte, soprattutto da Stella che eleggo a “maestra di sari”), dalla memoria alla conoscenza di coreografie ma sono così grata di essere qui che nulla mi preoccupa davvero. O meglio tutto mi preoccupa ma la gratitudine inonda tutto e lo fa risplendere di meraviglia. Mal che vada Ileana o qualcuna del gruppo mi dirà: “ma che ci fai qui?” e cercherò allora un nuovo ruolo anche se la voglia di danzare è fortissima: è un richiamo interno che mi fa sentire di essere nel posto e nel momento giusto quando pensavo che fosse tutto finito.

Dopo una intensa riunione in cui beviamo il primo cocco e un pranzo con un thali, un piatto con tante vaschette e mille raccomandazioni sul non uso di ghee, siamo pronte per iniziare.

Ileana si presenta con un “Sono qui” e partiamo subito. Ci chiede per quante deve coreografare: “5” rispondono le ragazze all’unisono e ormai mi sento accolta, qualcosa nella pancia si rilassa. Ileana sta lavorando su un solo che debutterà fra qualche giorno e comporrà per noi 5 un brano tratto da un antico testo oria, Charypada e che racconta di una yogini, Sabari, creatura selvaggia nella foresta che indossa orecchini, porta il bastone e incontra il suo amante.

Ileana studia dei passi e li propone ai nostri corpi. La yogini beve da una coppa e si muove spostando il peso del corpo indietro e il movimento si riverbera come un’onda sulla schiena e sul collo. I passi sono come accennati, piccoli, imbastiti. Sembra di vedere nascere un disegno a matita con un tratto sottile, abbozzato, sussurrato. Incontro dei passi che non sono i classici dell’odissi, chouka e tribhanga, ma vengono dalla tradizione folk chau. Il tempo è in 6, affascinante, insolito, aperto.

I movimenti del torso si arrotondano, le mani seguono con palmi e dita a coppa o con l’indice piegato come arala ma con meno nitidezza. La yogini è inebriata e i confini del suo corpo sono un po’ confusi, come avvolti da una nebbia sottile. Lo spazio di Ileana è bellissimo e c’è una porta ad ante scorrevoli che si apre su un palco: pietre rosse come quelle dei templi e alberi. La sensazione di essere in un flusso creativo è molto potente anche se non sempre è facile seguire. Sembra che Ileana stia costruendo delle piccole sequenze di movimenti, una sorta di grammatica che comporrà le frasi della nostra danza. Vedremo nei prossimi giorni.