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Tra infinito e finito: il viaggio nella danza Odissi

Odissi

Tra infinito e finito: il viaggio nella danza Odissi

In questi giorni prima della partenza per l’Orissa mi sono chiesta più volte cosa mi mancasse in questi anni in cui non ho praticato e perché con tutti i limiti ho sentito il bisogno di riprendere. Non ho una risposta chiara ma ho provato ad ascoltare il corpo e le sensazioni che vivo durante e dopo aver danzato Odissi.

Quando mi alleno vengo avvolta da qualcosa di ipnotico nelle forme, nei ritmi e miei passi che mi impedisce di avere il minimo pensiero intrusivo. Scatta un fenomeno incantatorio che annulla i limiti del corpo e, nella percezione di tutta la non naturalezza dei movimenti di ossa, muscoli e articolazioni, perdo i confini dell’ego che si sciolgono nel tutto.

Per qualche attimo sento di agganciarmi a qualcosa che partendo dall’infinito arriva al finito, percorro qualche piccolo passo del viaggio che fa l’arte nel trasformarsi da spirito a materia, qualcosa di tanto più grande in cui posso immergere anche solo qualche molecola.

Sento che la difficoltà del coordinare talloni, gambe, torso, mani e occhi percorsi da spirali invisibili e interne, anima di una forza speciale ogni cellula del corpo. Sento che le mudra, i gesti delle mani, creano nuove connessioni neurali, che il passato si scioglie nel presente, che sono tramite fra cielo e terra.

Poi ci sono la frustrazione, la mancanza di memoria, la stanchezza, i dolori dei muscoli e dei piedi, la percezione di inadeguatezza più o meno costante ma anche questo fa parte dell’avventura. Sono viva. E danzo. Con amore e gratitudine.