Ah che bello, vai in India? Sììì ma non è vacanza
L’India mi avvolge, accoglie e rimescola, è il posto dove più al mondo le diverse parti di me smettono di essere in conflitto e trovo pace.
L’India è il posto in cui fra suoni, colori e profumi che diventano rumori e puzze, sento che tutto è uno.
L’India è meraviglia e stupore, ogni cosa sembra inverosimile eppure verissima, come dice bene “Incredible India”. Mi risveglia, mi fa uscire dal torpore di vite con troppe chat di whatsapp e stanze chiuse e mi butta addosso in continuazione manciate di possibile.
Negli occhi dei bambini e delle ragazze che camminano per strada pulsa il futuro, l’idea di domani, non la rassegnazione di una ex grandezza stantia come si respira in Europa. Il meglio deve ancora venire, è evidente.
Sublime e squallido convivono, come vita e morte, spiritualità e materialità, tutto danza in un tempo che non è quello ordinario. Il tempo in India funziona a spirale non in linea retta ma soprattutto per me si muove ad elastico, si dilata e si accorcia. Sembra che non succeda nulla e in un attimo succede tutto. L’ho vissuto stando anche periodi lunghi, 4 mesi a Mumbai per il dottorato sulla danza nel cinema di Bollywood, in Orissa a danzare, viaggiando in Ladakh, Karnataka e Rajasthan.
L’India è il posto dove incontro anime antiche come me, con cui ho già vissuto qui e lì. Non so spiegarlo meglio, lo sento.
L’India è quel posto dove appena arrivo dico: è l’ultima volta che vengo in India. Poi però ho il visto quinquennale.
E adesso si ritorna, per la settima volta: non turismo, non massaggi in Kerala, non spiagge di Goa ma si va in Orissa, a Bhubaneshwar, nel Nord Ovest a studiare una coreografia di danza classica odissi. Si va con altre 4 danzatrici da diverse parti di Italia, il progetto Dance In It al quale mi sono appena unita, che traduce e trasporta questa forma di arte devozionale in un linguaggio più vicino a noi.
L’odissi sembra una danza “graziosa” ma richiede un impegno muscolare e mentale incredibile: ogni danza è difficile ma nessuna ha i movimenti dei piedi, delle gambe, del torso, del collo e degli occhi tutti collegati da una spirale invisibile interna che sfocia nelle mudra delle mani. Quando si va a studiare lì ci si allena (gli esercizi preparatori per costruire resistenza sono temibilissimi), si pratica, si ripete, si prova, si ripete, coi quadricipiti che urlano e le piante dei piedi dolenti e i polsi in linee spezzate e le dita che tirano e l’espressione del viso che va curata in ogni respiro. Quando si torna a casa fa male anche fare le scale. Va bene così, non è solo danza, è molto di più, è unione col divino, è farsi tramite di bellezza, assumersi una responsabilità nei confronti del cielo e della terra e di chi guarda.
Ecco cosa vado a fare. Seguite le nostre avventure e se potete sosteneteci con una donazione o con le vostre benedizioni. Le mie ginocchia apprezzeranno.




