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L’India in Polonia: una settimana a tutto kuchipudi e kalarippayattu

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L’India in Polonia: una settimana a tutto kuchipudi e kalarippayattu

da Bollywood Party, la stampa, 19 luglio 2014
http://live.lastampa.it/Event/Bollywood_Party/122040390

Un ritorno all’India. 7 giorni intensissimi di danza classica indiana di stile kuchipudi, che pratico da poco prima della mia perenta per Mumbai e di kalarippayattu, l’arte marziale indiana del Kerala che si basa sui marma, i centri vitali secondo l’ayurveda. Una casa nella foresta, voluta da Grotowski, il grande regista teatrale e 28 persone, fra cui 6 bambini, la più piccola di 5 mesi, il più grande di 5 anni. C’è anche la baby-sitter. E Chandu, il cane che sembra avere le méches sulle orecchie. Fantastico. A parte i maestri indiani, siamo tutti polacchi, qualche italiano, 2 spagnoli, 1 ucraina. Zero internet, pochissimo campo per i telefoni. Condivisione e qualche scomodità.
Andiamo con ordine.

La mia insegnante di danza indiana, Chitrangee Uppamah, viene invitata alla summer school che il centro Grotowski di Wroclaw, organizza per la terza volta a Brezinska, nella foresta. Oltre a essere un’ottima insegnante è diventata anche una grande amica, una di quelle persone con cui c’è assoluta sintonia e si possono condividere mille progetti, idee e semplice stare bene insieme.
“Dal 2 al 10 luglio vado in Polonia a insegnare, vieni con me. Shankar Nair, l’insegnante di kalarippayattu, è mio amico ed è bravissimo. Ti piacerà”.
Come spesso nella vita, quando si tratta di partire, mettersi in gioco e provare esperienze nuove ho detto sì. Senza dubbi. Abbiamo addirittura organizzato le brevi vacanze estive in Germania, in modo da essere pronti all’appuntamento del 2 a Wroclaw, in Polonia. E portare con me un minimo di riserve alimentari senza latte e derivati. In modo da tornare poi con Ryanair e solo bagaglio a mano.

Ho subito invitato anche Ilaria, un’amica che fa ayurveda e che sta scrivendo una tesi sui marma. Abbiamo studiato insieme odissi. Anche lei mi dice subito di sì.
Una settimana prima di partire scopro gli orari e che dovremmo alternarci in cucina a preparare il cibo e lavare i piatti, ma anche alle pulizie dei bagni e della sala. E scopro gli orari: dalle 7.30 alle 9 kuchipudi, a seguire colazione; dalle 10.30 alle 12.30 kalarippayattu, pranzo, dalle 15 alle 17 kuchipudi, merenda, dalle 18 alle 20 kalari. Aiuto. Menisco rotto resisti. Muscoli tutti, fatevi forza!

C’è un che di militaresco, ma l’impressione che ho avuto appena arrivata alla casa nella foresta è ancora più forte: camerate con materassi per terra, 3 bagni, di cui 2 con doccia e uno solitario, un solo lavandino per tutti noi. L’acqua sa di ferro, è rossa e per tutta la settimana avrò il dubbio che lavarmi non mi renda più pulita. Mi sembra una situazione più estrema della mia casa di Mumbai.
Kuchipudi è bellissimo. Lo so già. Siamo in 4: la mia amica, e due persone che studiano bharatanatyam: una ragazza polacca, Barbara, e una Ucraina, Natalia che ha una bimba biondissima e bellissima, Alyzia.

In una settimana di lavoro riusciamo a studiare passi, basi, jatis, insieme di passi e a montare una coreografia di 6 minuti dedicata a Shiva, il dio della danza. L’ultima sera ci esibiamo di fronte agli altri. Quasi un miracolo in così poco tempo. Ma Chitra è così appassionata e innamorata dell’insegnamento che riuscirebbe anche a far ballare i mattoni rossi della sala. Mattoni che ogni tanto si sbriciolano un po’.

Kalarippayattu è fantastico. Il riscaldamento è molto potente: slanci delle gambe, piegamenti sulle ginocchia, ponti, spaccate, affondi. E poi si cominciano a studiare delle forme in movimento che impegnano in un movimento fluido il corpo e la mente, sequenze che si ripetono con cambi di direzione, sono meravigliosi. Sono 32 forme complesse. In una settimana noi principianti ne facciamo 4 e solo dal lato destro… io mi sento squilibrata.
I più bravi insegnano a noi principianti i passi base, poi passiamo al movimento con i bastoni e molti combattono con armi tipo spade e scudi. Uno spettacolo.
Shankar passa con suo bastone e “colpisce” i suoi studenti: a quello che ha la schiena a terra e le gambe aperte appoggiate al muro, sposta i piedi più in basso; a uno che fa la spaccata da seduto, lega i piedi con la sciarpa rossa che ha in vita (un’arma pericolosa) e sedendosi schiena contro schiena approfondisce la sua apertura. Qualcuno urla, qualcuno manifesta il suo dolore, ci sono anche molti attori…
Certo è che quando Shankar viene a interrogare Ilaria sui marma, e li tocca sul mio corpo, succedono cose incredibili, soprattutto quando tocca un punto dietro le orecchie che mi costringe a zompare sulle punte e a seguirlo come una gallina… che male!
Spesso spiega cosa stiamo facendo, è un piacere sentirlo parlare. La sua famiglia è depositaria di tecniche di combattimento ma anche di medicina da generazioni. Quando qualcuno ha qualche problema di salute si presta a fare massaggi che lasciano tutti entusiasti.
Kalari è fantastico, ti senti, forte, tonico, mentalmente attivo. Una meditazione in movimento che carica tantissimo.
le due ragazze più brave sono 2 neomamme: Justyna, moglie di Shankar e Natasha, che ha un bimbo di 7 mesi e uno di 5 anni. Justyna e Shankar hanno Maia di 4 e mezzo, Leon di 2, in piena fase “mammmamammamam” e Mira, 5 mesi.
Allattano. E mi fanno tenerezza quando si mettono a fare spaccate vicino alle coperte con i loro piccoli per intrattenerli e allattarli appena possibile.

Di notte non dormo. Sarà la casa, sarà l’attività. Sarà che siamo a Birkenau, Brezinska è Birkenau, e il sangue non si cancella con il passare degli anni. Che strana sensazione.
La vita di giorno è dura, ma non per le 8 ore di attività, per il fatto che la cucina è un po’ approssimativa: i sapori polacchi virano su un perenne acido. Lo è il cavolo, la barbabietola, la zuppa. Lo yogurt è ovunque, per fortuna c’è un gruppo di vegani osservanti che trita legumi e verdure in continuazione. mangiamo humus di ceci, piselli, fagioli rossi o bianchi a colazione, pranzo e cena. Le pance gonfiano.
Io patisco un po’, da brava allergica e attenta all’alimentazione, quando vedo apparecchiare portando i piatti sulla pancia sudata dopo l’allenamento, patisco l’assenza di tovaglioli, tovaglie, ma soprattutto la costante contaminazione. Molti prendono burro e marmellata con la stessa posata, che poi è la loro. E così sviluppo tecniche per non contaminarmi con latticini o altro: mi butto sulla marmellata ancora chiusa e sulle verdure come se fosse questione di vita e di morte.

I telefoni non prendono. O meglio prendono a macchia di leopardo. Internet è assente. Tutto questo è bellissimo. Permette di concentrarsi totalmente sul lavoro.
Al terzo giorno camminiamo tutti un po’ sciancati, le bolle sotto i piedi costringono a indossare bende e cerotti. I miei piedi sono così massacrati da camminate quotidiane di un’ora e mezza di media e da un paio di zoccole che mi ha procurato bolle infinite, che sopportano tutto.
Che settimana meravigliosa. Capace di portarti lontano da tutto.

Ora mi manca tutto. Pratico kalari da sola, ma mi manca Ilaria che praticava con me. Ogni tanto abbiamo raggiunto momenti di pura estasi concentrate sugli stessi movimenti muovendoci come in unico respiro. Mi manca kuchipudi perché le lezioni sono ricominciate ma un’ora e mezza 2 volte alla settimana è un altra cosa. Manca quella totale dedizione che ti consente di immergerti in quello che ami e vivere ogni piccola conquista di quel passo che non veniva, di quel giro del bastone dietro la spalla che sembrava impossibile, di quella velocità impensabile che impapocchia i piedi, manca quella ferocia del metodo indiano che tantissimo chiede ma tantissimo regala.

Grazie a tutti, ma soprattutto grazie Shankar, Justyna e Chitra.