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Ho scritto un romanzo 7 “Non più, non ancora”: emozioni dopo l’uscita

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Ho scritto un romanzo 7 “Non più, non ancora”: emozioni dopo l’uscita

“Non più, non ancora”, il mio primo romanzo, è uscito. C’è stata la prima presentazione alla Libreria Trebisonda di Torino. Tante emozioni. Tante persone amiche. Tanti sorrisi. Tanti commenti. Un miscuglio di sensazioni, pensieri ed emozioni (lo so è una ripetizione, ma non so come altro dirlo) aggrovigliate che ora provo a dipanare.

C’è la gratitudine per chi mi ha ascoltata, incoraggiata, invogliata ma anche dissuasa perché tutti mi hanno reso più forte e più in sintonia con cosa provavo.

C’è la soddisfazione per un progetto che è partito, si è fermato, si è spaventato, era più forte della paura e quindi è ripartito e insomma ora è qui.

C’è la fragilità dell’autrice che si scoraggia perché vede che ci sono troppi libri di autori già noti e in Italia tutti scrivono e pochi leggono e come si fa a farsi notare adesso? Ma sono tutti molto più bravissimissimi di me. Aiuto!

C’è la felicità di condividere qualcosa che ti ha tenuto compagnia per tanto tempo e che adesso può diventare patrimonio comune, avventura condivisa, partecipazione.

C’è l’ansia: e se non mi legge nessuno e se mi stroncano, e se nulla si muove. Devo dire che la stroncatura non mi angoscia. Mi spaventa più la possibile trasparenza nel senso di invisibilità, non di schiettezza.

C’è la gioia di sentirsi a perfetto agio nel raccontare, sia quando si scrive da soli, sia quando si presenta ad altri, sia come sottofondo di un’attività che mi fa stare bene. Da sempre cerco una vita che mi assomigli e la scrittura è la cosa che mi rispecchia di più: ore e ore di solitudine, silenzio, personaggi che frullano in testa e prendono vita, parole che scorrono sul video, quadernetti pieni di appunti, attenzione ai dialoghi rubati nei ristoranti o in tram, ascolto di storie di persone, traduzione di esperienze vissute o immaginate, costruzioni e smontaggi, spionaggio dei propri personaggi.

C’è il dubbio: avrò scelto il momento giusto, il tema appropriato, il tono che funziona, la storia in cui riconoscersi, la casa che fa per me?

C’è il nonsocomechiamarlo che non sia necessità che non mi piace, ma neanche daimon che fa spocchioso e neanche naturalezza che di naturale c’è ben poco. Lo chiamerei il nonpotevononfarlo perché era lì che pulsava e urlava e voleva uscire. C’era una voce e una storia e un personaggio e una voglia di prestarle la mia testa, il mio cuore e le mie mani per uscire.

Le prossime presentazioni sono:

Roma, libreria Risvolti, sabato 6 aprile alle 18

Torino, Circolo dei Lettori, lunedì 8 aprile alle 21