Top

Tornare a remare: la felicità della memoria dell’acqua

Po

Tornare a remare: la felicità della memoria dell’acqua

Sono passati due mesi dall’ultima remata, era giugno e con la mia valida compagna di canottaggio ci eravamo impantanate nelle alghe. Qualche puntata prima ci eravamo impaludate fra gli alberi. Insomma il Po sta diventando il Rio delle Amazzoni o il Mekong tanto viaggiamo con la fantasia. Oggi, dopo una lunga pausa estiva, siamo tornate all’acqua. Eravamo in 4 con un baldo capovoga e una precisissima timoniera. Chissà perché tutti ci danno sempre lezioni: tira fuori all’ultimo le pale, più gomiti, più vicine le mani,… va bene c’è sempre da imparare ma forse anche con un po’ meno di ansia e un po’ più di sorrisi. Quando siamo in due ridiamo di più e arriviamo allo stesso punto, quindi prendere le cose con leggerezza non è farle meno bene, è solo darsi un po’ meno importanza, “planare sulle cose dall’alto” come osserva Calvino.

A parte questa natura competitiva e didascalica dell’umanità, mi ha colpito la memoria del corpo, ancora una volta. Abbiamo remato per un mese, abbiamo fatto vacanza per due. E oggi, tornare, è stata la cosa più semplice e naturale: il corpo ricorda, sarà perché è fatto per il 70% di acqua e nel suo elemento naturale si sente a casa? Forse no perché succede anche in bici e in macchina. Forse è solo che c’è una memoria naturale dei gesti ripetuti, una memoria viva e attiva che scopre con curiosità, nella meraviglia del non sapere, di sapere, di ricordare nel senso di riportare al cuore, come le mani che tornano al petto dopo la remata. Respiro dopo respiro. Momento dopo momento. Vogata dopo vogata.