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La nona di Mahler e l’arte di tirare su col naso

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La nona di Mahler e l’arte di tirare su col naso

Ultimamente vado a concerto. La musica classica è sempre stata con me, da figlia di insegnante di pianoforte in Conservatorio, ma è da poco che riscopro il piacere di sentirla dal vivo. Ieri c’è stato un magnifico concerto all’auditorium Rai di Torino: orchestra con tanti elementi, abbraccio caldo e morbido dei legni e degli ottoni, Daniele Gatti direttore e la nona di Mahler. Splendida, sontuosa, misteriosa.

Al mio lato destro una poltrona vuota, oltre, una persona non identificata tira su col naso. Il vicino nella fila avanti si volta indignato ma anche lui non capisce chi è. Imprevedibile, impassibile, insospettabile, il o la tirosucolnaso non aspetta le pause come fanno gli educati dispensatori di tosse. Che poi i neuroni specchio, appena sentono un colpetto, si mettono all’opera per espettorare qualsiasi residuo di smog intrappolato negli alveoli polmonari, così a catena, come se aspettassero il concerto per scoprire di essere cagionevoli.

No, lei o lui, che potrebbe risolvere con una semplice soffiata di naso, continua. Sulle arpe, sui flauti, sui fagotti. Senza pietà. Non avrà il fazzoletto? Non vorrà far rumore nel cercarlo? Non se ne accorge? Allo scorso concerto c’era un ragazzo che tirava su col naso e l’amico gli ha messo un pacchetto sulla coscia. Lui ne ha preso uno e ha soffiato al momento giusto. Anche questo è civiltà.