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La fine delle cose

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La fine delle cose

Ci sono cose che finiscono in modo netto. Si consumano come una matita. come il caffè, come il vino nel bicchiere, come il tramonto che spegne la giornata. Prima ci sono e poi non ci sono più. Sono finite. Per sempre.  Semplice.

E poi ci sono cose che finiscono. E sfiniscono. E poi finiscono di nuovo. E poi ancora e poi di nuovo. Sono come fini dentro scatole con un fondo invisibile che nasconde una nuova fine. Sono le cose che non finiscono mai. Forse perché non sono cose.

L’amore fa così. Finisce perché magari non ci si ama più e poi continua a finire. Finisce quando lo capisci, quando lo dici a qualcuno, quando ti rivedi e l’altro non è solo e tu neanche (ma di solito capita in modo asimmetrico), finisce quando trovi una lettera e la rileggi, quando la trovi e non la rileggi, quando svuoti la cantina della casa dove stavate, quando rivedi una foto, quando ti rotola addosso un ricordo, quando ti assale un sogno ed è vivido come una presenza. Finisce quando vi dividete i vini e le cornici d’argento e i libri e il tostapane. Quando non si riesce a dire fine, quando si lascia che un pezzetto rimanga lì, quando non si taglia, quando non si lascia andare, quando si resta attaccati a un frammento di rancore o di rabbia o di potere, a una promessa non mantenuta, a un diritto più o meno legittimo, a un segreto, a un non detto, a un non-dicibile.

A volte non finisce proprio mai o finisce e continua a rifinire, definire, sfinire. Senza fine.