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Yoga profondo: al Mao un ciclo di seminari

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Yoga profondo: al Mao un ciclo di seminari

Da La Stampa, 6 marzo 2017

 

Statico, dinamico, acrobatico, del suono, per sudare, ridere, rilassarsi, ashtanga, vinyasa, Iyengar e mille altri. Contare quanti praticanti yoga ci sono a Torino è quasi impossibile, ma sono migliaia: ci sono una ventina di centri yoga e tante palestre che propongono vari tipi di questa antica disciplina indiana che unisce corpo e mente. Dalla radice -yug, che in sanscrito significa unire.

Eppure lo yoga divide: ci sono centinaia di brevetti registrati, diplomi, un giro d’affari annuale che supera i cinque milioni di dollari tra Nordamerica e Unione Europea, 80 milioni di praticanti nel mondo, una festa nazionale il 21 giugno e il riconoscimento Unesco come patrimonio dell’umanità. Lo yoga, nato per unire l’Uno al molteplice, oggi abbraccia dall’indologia al marketing, dalla psicologia alla semiotica, dalla fisiologia alla religione.

 

Per capirne di più, il Museo d’Arte Orientale, con la Fondazione Musei e l’Università, organizza 3 fine settimana dal titolo «Nelle profondità dello yoga. Cicli di seminari su aspetti inediti delle tradizioni dello yoga», a cura di Gianni Pellegrini, che insegna Filosofie e Religioni dell’India e Lingua e Letteratura Sanscrita nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino e Federico Squarcini, direttore Master in Yoga Studies dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, il primo in Europa. Il primo seminario (che prosegue oggi) è su «Yoga, tra allenamento, spiritualità e fitness». La pratica dello yoga, disciplina del benessere e sport per il Ministero Indiano, ha antiche radici, in ambienti culturali diversi da quelli in cui oggi è diffusa. L’intento è mettere in relazione le tradizioni indiane in lingua sanscrita con l’attualità globale delle diverse forme di yoga. Il secondo seminario, a maggio, riguarderà invece «I testi dello yoga, tra letteratura e cura di sé». Infine, a settembre, «La tazzina e il cervello: lo yoga tra filosofia e neuroscienze».

 

«L’idea – racconta Gianni Pellegrini – nasce dall’esigenza di trovare punti di connessione fra l’esperienza dello yoga che si pratica nei centri e nelle palestre e la teoretica dello yoga. Noi accademici dobbiamo far capire ai praticanti e alle categorie connesse cosa dicono i testi. Spesso chi pratica legge poco i testi e non sa che quello che fa è diverso dagli scritti tramandati dalla tradizione. Il Mao è il luogo giusto per far incontrare esigenze accademiche e pubblico più ampio in una sede istituzionale di prestigio. Ci sono – prosegue – decine di yoga, se non centinaia. Questo è proprio come era alle origini. Già nel I secolo dopo Cristo, prima degli Yogasutra di Patañjali che cristallizzano alcune nozioni, ci si chiede quanti yoga ci sono».

 

C’è chi pensa che lo yoga sia un’esperienza fisica, mentre gli oppositori pensano sia un’esperienza solo spirituale. «In realtà – spiega – Pellegrini – yoga è tante cose diverse: come un lucido che cambia a seconda delle macchine e si proietta a colori diversi a seconda delle scuole, ma tutto è yoga». E poi ci sono i detrattori: «Nel VII secolo molti pensavano che creasse problemi. Per molti, la via verso l’illuminazione non è una pratica ma una strada repentina e diretta. Addirittura Abhinavagupta scrive che asana, posizioni, e pranayama, controllo dell’energia attraverso la respirazione, possono non servire». L’unica è provare, sperimentare e trovare lo yoga giusto.