Top

Ho scritto un romanzo 2: “Non più, non ancora”

jerì

Ho scritto un romanzo 2: “Non più, non ancora”

Anche questa volta parto dalla fine, come già nel primo capitolo di “Ho scritto un romanzo”, anatomia e analisi di cosa c’è dietro un lavoro. Il 14 marzo esce il mio primo romanzo e io sono in bilico fra euforia e terrore, in pieno “Non più, non ancora” che è il titolo.

 

Concedersi la possibilità del confronto

La prima resistenza che ho affrontato si chiama giudice interiore o sabotatrice interna o fa tutto schifo. Si tratta di quella tremenda vocina che ti dice “ma come ti permetti di scrivere un libro con tutte le cose meravigliose che già esistono?”. Per molto tempo le ho dato retta, poi ho capito che anche questa era una scusa. La paura del giudizio, di esporsi, di esserci. Ma che noia. Siamo sicuri che anche quella non sia modestia ma qualcosa che assomiglia al contrario. Finché dico che sono Napoleone e nessuno mi ascolta posso anche pensare di avere ragione, da qualche parte. Se cerco il confronto, nella spietatezza di esserci, devo avere il coraggio di dire qualcosa. E trovare un modo.

 

Concedersi la possibilità del piacere

Prima ancora di questa storia della paura di sentirsi dire qualche no, c’è stato un altro ostacolo da superare. Nel mio essere sempre sui libri perché amo studiare, la narrativa è sempre stata un po’ un lusso, qualcosa da concedersi d’estate o nel tempo rallentato del riposo. Spesso lo ho occupato con studio di università, lingue, master, corsi di qualsiasi cosa, compreso quello da sommelier. Libri che sono manuali, tomi, saggi. Eppure quel piacere lì del leggere romanzi che è poi simile a quello di scrivere, spuntava. Lo cacciavo e tornava. Finché gli ho detto accomodati e ho iniziato ad ascoltarlo.

Nella prossima puntata racconterò le prime cose che ho fatto: consigli, libri, scuole, per mettermi nella condizione di scrivere.